Alcune frazioni, da Mascali ad Acireale, nei percorsi storici.

La costa di Santa Tecla

Memorie

A cura di Rosangela Spina

 

 Acireale e i suoi casali nell'Ottocento

Acireale e i suoi casali nell’Ottocento

 

Capo Mulini, Guardia, Pozzillo, Santa Maria Ammalati, San Giovanni Bosco, Santa Maria La Scala, Santa Tecla, Reitana, Scillichenti, Stazzo, Pozzillo e le “altre”. 

Un insieme urbano, territoriale e paesaggistico accomuna le numerose frazioni che attorniano la famosa cittadina acese. Sono più di dieci le grosse frazioni e i piccoli nuclei abitati che si aggregano intorno Acireale, che rivelano spesso una storia comune, legata anche  a specificità del territorio. Ve le riassumiamo, per riepilogarvi in un unico percorso aspetti e luoghi, che i lettori siciliani sicuramente già ben conoscono. In generale, gli insediamenti dell’antica Aci, ubicati in prevalenza sulla costa, nascevano e si sviluppavano seguendo i rapporti che li collegavano al mare, necessitando però di fortificazioni, e viceversa con un vasto sistema interno collinare e di giardini coltivati, al quale erano collegati da un insieme di trazzere di risalita.

Veduta di Capomulini

Veduta di Capomulini

Gli oramai copiosi studi sull’argomento documentano veri e propri nuclei abitati antichi, non certo grossi centri ma comunque insediamenti consistenti, che avranno successivamente una struttura di borgo in età romana e bizantina; ne sono esempio  i ritrovamenti lungo tutta la costa a Capo Mulini, Casalotto, Reitana e i punti di approdo significativi nelle zone di Acitrezza. La conquista romana della Sicilia, mirata anche a contrastare l’egemonia punica, iniziò nel 263 a.C. proprio dal territorio etneo con la sistemazione del sito strategico di Aquilia sul promontorio di Aci Xifonia (l’antica Akis) oltre alla rinnovata Càtina. Con la pax di Augusto, in visita nella provincia nel 22 a.C., la stabilizzazione dei primi centri urbani fu accompagnata dall’organizzazione della rete viaria, anche se le vie d’acqua rimanevano le preferite, e dalla costruzione di grandi infrastrutture: ponti, terme ed acquedotti (Misterbianco, Santa Maria di Licodia); l’Itinearium Antoninii restituisce infatti un percorso della ‘via grande’ o magna, poi interrotto dall’eruzione del 1329.

La chiesa di Santa Maria della Purità a Capomulini

La chiesa di Santa Maria della Purità a Capomulini

Via Nissoria a Capomulini

Via Nissoria a Capomulini

Il fenomeno dell’incastellamento per il controllo sul territorio, iniziato in età araba e proseguito con i normanni, contraddistingue gli anni del medioevo in terre formate dai successivi riassetti del territorio dovuti alle numerose eruzioni; in questo senso, le più significative furono quelle del 1329, da Fleri verso le Aci, del 1361 verso S. Antonio e S. Filippo e Catania, quelle degli anni 1446-1533 descritte da Pietro Bembo e Filoteo. Le invasioni saracene avevano certamente creato disordine nelle strutture insediative precedenti, ma i numerosi etimi di origine araba della toponomastica testimoniano comunque la presenza di un’antropizzazione diffusa e un frazionamento terriero, tramandato anche dal noto El-Idrisi. Nel passaggio dall’età araba a quella normanna, tra la fine dell’XI secolo e quella del successivo, la consistente partecipazione del monachesimo greco-basiliano, dapprima strumento di sostegno per la conquista e poi di controllo da parte degli Altavilla, diede origine ad una rete di insediamenti, sfruttava le potenzialità territoriali e attuava nuove vie di crinale per l’attraversamento interno e di collegamento con le campagne.

Strada di Guardia

Strada di Guardia

Chiesa Madre di Pozzillo

Chiesa Madre di Pozzillo

Un insieme di fortificazioni e di torri spagnole (tra cui le torri di Mascali con emergenza in quella di Archirafi) integrò poi questo cammino ai fini del controllo e dell’avvistamento sul mare. Sono architetture militari in parte perdute, ma documentate e descritte con attenzione nei loro resoconti illustrati da Camillo Camilliani negli anni 1574-1583, da Tiburzio Spannocchi nel 1596 e da Giovanni Andrea Massa nel 1709, e Negro Ventimiglia. Per le aree orientali, la gestione politica ed economica, era imperniata sulla donazione da parte del Conte Ruggero dei casali di Mascali alla Mensa Vescovile di Catania. L’apposito diploma del 1124, riporta i confini del feudo: a sud il torrente Mangano, a nord il torrente Forche, a est lo Ionio, a Ovest l’Etna. Mascali era il caposaldo della Contea e le numerose frazioni aggregate, come Giarre e Riposto, avevano il compito di controllo del consistente commercio.

Particolare della chiesa di Santa Maria Ammalati

Particolare della chiesa di Santa Maria Ammalati

La zona orientale era dunque suddivisa in parti autonome comprendendo oltre alla contea di Mascali i feudi di Fiumefreddo, di Calatabiano e le terre di Jaci, secondo una suddivisione, che influenzò anche la storia del territorio etneo in età moderna. Alle origini di quest’ordinamento è certo la più antica istituzione benedettina, la fondazione della abbazia di Sant’Agata in Catania (1088–1092) e la sua assegnazione al vescovo Ansgerio, con cui iniziò quella che storiograficamente è definita l’epoca del “Vescovo-barone”. La giurisdizione sul Bosco di Aci si era infatti man mano estesa (1124) al vasto comprensorio che costituirà la Contea di Mascali e (1168) a Santa Anastasia; tra il 1195 e il 1221 numerose rivolte popolari contro il vescovo-barone rivendicavano l’autonomia, e con essa, il pieno esercizio degli usi civici sul demanio delle città, ridotte a predominio baronale del vescovo. La crisi sveva e la dominazione angioina segnarono un momento di ripresa della giurisdizione vescovile: il regio diploma dell’8 Agosto 1267 riconobbe il possesso “vel quasi” della cognizione delle cause criminali “in civitate Catanie et terris Jacii, S. Anastasie et Maschalarum”. Contemporaneamente, gli interessi territoriali regi si spostano più a sud, su Aci e il suo castello, oltre che alle numerose Aci delle borgate circostanti; nel 1396 infatti, rientravano sotto la giurisdizione regia di re Martino I d’Aragona e come bene demaniale. Acireale, la già della romana Aquilia e ora Aquilia Nuova, pertanto crebbe e si sviluppò sulla strada di collegamento tra Capo dei Molini e Giarre, ma attorno ad un fondaco e un terreno, la Chiusa dell’Abate, appartenuti all’abbazia di Nuovaluce di Catania. Mascali rappresenta inoltre un caso peculiare, perché per tutto il XII secolo, vi convivevano diverse comunità: quella musulmana, quella greca dei monasteri basiliani e quella latina.

La costa di Santa Maria La Scala

La costa di Santa Maria La Scala

La costa di Santa Tecla

La costa di Santa Tecla

Nel XVI secolo, la presenza degli Spagnoli nel territorio acese creava spesso e volentieri momenti di attrito. Malgrado la sconfitta di Lepanto, le scorrerie lungo il litorale continuarono ad essere frequenti: questo fatto rese necessario, agli inizi del Seicento, l’approntamento di due importanti opere di fortificazione: la prima si trova a Capo Mulini, nella torre quadrata di Sant’Anna (dal 1868 adibita a Faro di guardia), in prossimita’ di un’altra piccola torre circolare della famiglia Alessandrano; la seconda si trova sulla Timpa di Santa Maria La Scala ed era chiamata la “Fortezza seu Bastione” del Tocco; fu edificata su disegno dell’ing. fiorentino Camillo Camilliani e al suo consolidamento partecipò l’acese Vincenzo Geremia, al quale si deve nel 1674 un cannoncino portatile in fili di ferro e canapa. Il passaggio dinanzi alla Marina di Acireale, nel 1657, della flotta di Martino De Redin, Gran Maestro dell’Ordine Gerosolimitano, già valido difensore degli Acesi, veniva festeggiato con spari dalla fortezza del Tocco, cui rispondevano in segno di saluto le artiglierie delle navi. Nei pressi di Aci Platani scorreva, nel XVI secolo, l’acqua della “Flumaria Regitana”, il cui letto si individua nel torrente di S. Lucia e Platani; scendeva dalla Reitana per Santa Venera al Pozzo fino a sfociare a mare nei pressi di Capo Molini. Questa fonte d’acqua era così importante da consentire la presenza di tutta una rete di mulini lungo il percorso, il cui ultimo mulino coincideva appunto con il sito di Capo Mulini. Alcuni nomi di mulini sono menzionati in alcuni atti di divisione di Acireale risalenti al 1640; anche nella vicina Santa Maria La Scala vi era un mulino, detto di Ciuccio. Sempre durante il Seicento era stata portata a termine la strada della Scala, che da Acireale metteva in comunicazione la città con il mare sottostante. La strada venne risistemata dopo il terremoto del 1693.

Via Argenta a Santa Tecla

Via Argenta a Santa Tecla

Aquilia Nuova (Acireale), come sappiamo, era al centro di attività commerciali e produttive che la collegavano ai casali circostanti di Santa Venera al Pozzo, Reitana, Capo Molini, con un percorso denominato “Strada Reale”, e per un tratto detta anche “strada dei molini”. Nel corso del Settecento, ad Acireale oramai ricostruita post-terremoto, ebbe un notevole sviluppo l’industria della seta. L’opposizione di Catania all’incremento di tale attività acese fu tenace, determinando un lungo periodo di dissidio e sfociato in diverse occasioni; nel 1819, infatti, la richiesta di un porto a Capo Mulini fu bocciata a vantaggio del porto di Catania (1835). Per progettare il porto di Capo Molini era stato chiamato l’ingegnere Giuseppe Zhara Buda. Anticamente a Capo Mulini la via più significativa era via San Gerolamo, detta anche via delle Marine, perché collegava Aquilia Nuova con Santa Venera al Pozzo e Capo Molini, dato che nel XVI-XVII secolo erano molto attive nella zona la molitura di canapa e lino. Nelle carte topografiche storiche dell’Ottocento è possibile notare che facevano parte del territorio di Acireale anche i casali di San Gregorio, Aci castello, Aci Trezza, Aci San Fillippo e Ficarazzi.

Chiesa di Maria SS. Del Rosario a Scillichenti

Chiesa di Maria SS. Del Rosario a Scillichenti

Tutti questi piccoli centri, che nascono spontaneamente attorno ad un aggregato di prime case, di una chiesa madre, e di un percorso viario di congiungimento, come prima detto, tra Acireale, la costa e le colline, presentano in genere lo stesso tipo di impianto urbano, di tipo lineare ai lati del tracciato stradale, costiero o spesso tentacolare con diramazioni da e verso il centro. Pur trattandosi di piccoli centri, sorti storicamente in modo quasi spontaneo ma con tessuto viario di rilevante importanza per le comunicazioni antiche, le loro peculiarità di tipo architettonico/paesaggistico, come dimostrano le seguenti foto, meritano certamente una visita.

Chiesa di San Giovanni a Stazzo

Chiesa di San Giovanni a Stazzo

Panorama del porto di Stazzo

Panorama del porto di Stazzo