PREMIATA L’ACESE VERA PULVIRENTI AL PRESTIGIOSO PREMIO “CHIMERA D’ARGENTO”

consegna del premio

Recensioni ed Eventi

A cura di Maria Cristina Torrisi

premiazione con cantanti

i Premiati al Chimera d'Argento

Si è svolta lo scorso sabato, nell’Aula Consiliare del Palazzo degli Elefanti, la XVI edizione del Premio Internazionale “Chimera d’Argento” organizzato dall’Accademia d’Arte Etrusca presieduta dall’artista Carmen Arena.

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dietro le quinte con le cantanti

 

consegna del premio

con le cantanti

premio chimera
Tra i premiati, provenienti anche dall’estero ( il prof. Peters Minkowski per la Fisica) e da altre parti d’Italia (per l’avvocatura Valerio Scelfo, figlio del magistrato Ugo recentemente scomparso), la pianista acese Vera Pulvirenti che, tra l’altro, si è anche esibita con le due cantanti Rosanna Leonti soprano e Maria Motta mezzosoprano. Le cantanti, a loro volta, hanno ricevuto un riconoscimento speciale, in alcune performance, suscitando lusinghieri consensi e grande ammirazione da parte del folto pubblico che gremiva la sala.

Vera Pulvirenti ha dedicato il premio alla sua famiglia e a tutte le persone che hanno creduto e continuano a credere in lei.

Hanno condotto la serata il prof. Agostino Palmeri, presidente del corso di Laurea-Medicina e Chirurgia dell’Università di Catania, la dott.ssa Jolanda Scelfo, giornalista- documentarista, la Prof.ssa Franca Stivala, dell’Università di Catania e il Prof. Antonino Blandini, giornalista. Presente alla serata il sindaco dott. Enzo Bianco, S.E. Dott. Guido Marletta, e tantissime personalità del mondo della cultura e della imprenditoria.

Per saperne di più. ..

Il Premio prende il nome dalla Chimera di Arezzo, uno dei bronzi più famosi e belli dell’arte Etrusca. Il padre era Tifone dalle cento teste di drago, che osò sfidare Zeus. La madre era Echidna, la nube che precede l’uragano. Il fantastico animale, il cui fiato appestante rendeva mortifere le terre che abitava, prende il nome dalla parte centrale del suo corpo, quella testa di capra che i greci chiamavano khimera.
Nella mitologia, Iobate re della Licia, incaricò Bellerofonte sul suo cavallo alato Pegaso, di trovare e distruggere la Chimera che devastava le terre del suo regno.

Nella Chimera è scritta tutta la rappresentazione etrusca della vicenda umana, sempre in antitesi fra bene e male. Il bronzo raffigura un animale maschio con nome femminile. Al muso è leone e alla coda è serpente. Quest’ultimo insidia e molesta, non visto dal leone, una capra sorgente dalla schiena.
E’ il male che insidia il bene, è la malizia che prevale sull’innocenza.

La chimera esiste nella fantasia e non nella realtà, è il desiderio che non si avvererà mai.
“ Era stirpe divina, non d’omini, lion di testa, il petto capra, e drago la coda;
e dalla bocca orrende vampate vomitava di foco…” (ILIADE, VI –223-225).