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LE ODI

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LE ODI
A cura di Ludovico Anastasi

 

L’ABBANDONO

E in quest’ora d’autentico slancio verso l’universo le mie accoglienti braccia l’Olimpo scansa. Tanto sono abituato al mio deserto innato.

 

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E LE PAROLE…

E le parole che si dicono in certe circostanze rimbalzano dalle nostre interiori cieche stanze lucidate e mute.

 

INFANZIA

E mi si marchio’ con menzogna estrema. In tanti, di me, ebbero arsura. Mi si saboto’ il novello ponte come in guerra. Se rinascere dalle ceneri e’ stata la mia forza, la sgomenta tristezza in me perdura.

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LE ODI

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LE ODI

A cura di Ludovico Anastasi

 

E non c’e’ piu’ vera sorpresa in questo stanziale battaglione che e’ la mia esistenza. Fossi grande stratega muoverei le truppe in folgorante avanzata. Ma ho le polveri bagnate e la totalita’ dei soldati alla resa votata.

 

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E se questo mio disadorno cuore venisse abitato da fate e folletti buoni, allora si che sarebbe festa, casa abitata da compiuto grembo che mai sgrava e dove luce dorata dei cieli danza. Che piccolo segno faccia speranza. In milioni attendiamo la parola giusta.

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LE ODI

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LE ODI

A cura di Ludovico Anastasi

 

Eppure ebbi l’immensa, sentita pretesa d’entrare nel Paradiso alla cui porta mille e piu’ volte ho brontolato. Ora sono solo un sonno lungo scodinzolato da margini di vita.

 

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E giorno dopo giorno somatizziamo la morte camminando lungo strade sempre piu’ corte, al nulla spalancate porte.

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LE ODI

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LE ODI

A cura di Ludovico Anastasi

 

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Di danza timida parvenza farfalla bianca su sfondo grigio mostra. Avanza alla ricerca di colori rari. Porterebbe un senso d’allegria se non fosse gia’ inviperita sera. La stessa che, in corpo ed anima, in me e’ gia’ abbondanza.

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LE ODI

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Le Odi

A cura di Ludovico Anastasi

 

QUOTIDIANA PRESENZA DI SPINE

E cosi’ dicendo Dio ammoni’ il suo scrivano di andarci piano nell’annotare i nostri peccati che’ gia’ molti li abbiamo scontati passando per l’ordalico fuoco dell’anelato tempo bambino. C’e’ che in un fiato la malizia conquisto’ il gioco, quotidiana presenza di spine.

 

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MIGRANTI

E girammo in lungo e in largo. Pure l’esser mio venne trascinato dal vento. A volte la bonaccia strappava un sorriso: nell’approdo credavamo. Poi si ricominciava da capo. Patimmo, e molto, il sovrappiu’ della croce. Sempre fuori grembo in un’ombra di luce.

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