Da Scola a Pif, al Bifest. Il racconto di una singolare amicizia

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Recensioni ed Eventi

A cura di Vania Amitrano

Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, è arrivato a Bari per condividere con il pubblico del Bif&st la sua idea di cinema. Un incontro lungo, particolare e piacevole in cui il regista ha raccontato la singolare amicizia che lo ha legato a Scola durante il periodo delle riprese del documentario Ridendo e scherzando.

“Quando ho saputo della sua scomparsa – ha raccontato Pif agli spettatori del Petruzzelli di Bari – mi sono detto che non era possibile soffrire così tanto per una persona che avevo conosciuto così poco”, ma dalla sua sincera commozione si percepisce che questa sua frase, più che carica di stupore, è piena di rammarico per un’amicizia che è stata troppo breve. Si comprende che le riprese di quel documentario, in cui Pif conduce una lunga e divertita intervista a Scola, furono il pretesto dal quale nacque un singolare ma profondo legame tra i due registi finito troppo presto.

Sul palco Pif ha l’atteggiamento di un adolescente imbarazzato ma spontaneo. Strano a dirsi per una Iena, ma inizialmente sembra un po’ intimorito dal grande teatro e dal pubblico. Eppure la sua personalità è così dirompente da riuscire a vincere persino la paura di fare brutta figura con un italiano non proprio accademico: “Il problema – spiega Pif – è che non sono una persona profonda o forse il mio italiano è troppo elementare per i miei pensieri, non so”.

Alla fine però Pierfrancesco è quasi incontenibile: conversa, divaga, scherza e il pubblico lo ascolta con piacere. I suoi discorsi su Scola passano dalla commozione all’ironia con voli pindarici che spaziano con disinvoltura dalla vita personale al cinema. Prima racconta con stupore: “Raramente mi è capitato di conoscere una persona e di entrarci in una tale sintonia sia artistica che d’amicizia. Parlavamo la stessa lingua e mi sembrava di conoscerlo da una vita”; poi però cambia registro e si lancia sul concetto dell’importanza del cazzaro: “Con lui non si faceva altro che ridere, anche al suo funerale. La sua vita non poteva finire meglio: ridendo e scherzando”.

A tratti sembra un allievo che parla del suo maestro: “Scola faceva cose straordinarie con una modestia schifosa e alle volte mi veniva voglia di dirgli: – E vantati un po’!”. “Ettore è come la pasta – spiega ancora Pif -: piace perché fa parte noi, della nostra educazione”. A proposito di cinema confessa la sua ammirazione per un particolare aspetto di Scola: “Adoro le persone come lui che vogliono cambiare il mondo ma il mondo non le cambia. Io vorrei avere lo stesso coraggio che ebbe Scola nel fare film come Brutti, sporchi e cattivi: direi che è il mio film preferito”.

Pif racconta qualcosa anche del suo prossimo film in uscita a ottobre. Dopo il successo della sua prima opera, La mafia uccide solo d’estate, ora il regista ha un po’ di timore. Questo suo secondo lavoro è ambientato nella Sicilia del ’43 e narra dei rapporti che intercorsero tra l’esercito di liberazione americano e la mafia: “L’idea di fondo è quella di raccontare che se vuoi fare del bene non puoi chiedere aiuto al male”.

Quando l’incontro è quasi finito Pif è rilassato e sciolto e ringrazia per il calore straordinario che il pubblico barese riesce a trasmettere: “Il mio ego questa sera andrà a palla!”. Poi però sembra quasi che Scola stesso intervenga per rispondere al giovane collega. Una delle figlie del regista infatti si alza dal pubblico e legge alcune righe scritte dal padre proprio su Pif: “Un magnifico cineasta, un magnifico intellettuale, un magnifico cittadino”.