“LIRE 12,50”. IL LIBRO DI ANTONINO LEOTTA

A cura di Maria Cristina Torrisi

LIRE 12.50

“Lire 12,50” (Frammenti di storia) è la fatica letteraria di Antonino Leotta, un “contenitore di storiche memorie” all’interno del quale le preziose testimonianze dell’autore, frutto del suo encomiabile e certosino lavoro, ed il racconto delle sue vicende personali.

Attraverso queste pagine ricche di tradizioni e sentimento, di evocazioni impregnate di vicende appartenute ad un trascorso, il Leotta fa dono alla sua Città di preziose pagine di storia che ci consentono di poterci riappropriare dell’identità di cittadini acesi, un’identità per certi versi caduta nell’oblio perché sovente non garantita dalla continuità di chi tramanda.

Dentro questi “frammenti (arricchiti) di storia” si sviluppa la vicenda del nostro narratore che si tuffa nel passato e racconta, narrando della propria vita, delle scelte, e rivelando così anche sentimenti e stati d’animo che donano al componimento una musicalità profonda e soave al tempo stesso.

Il racconto ha inizio con i ricordi del 1941, quando si era in piena guerra mondiale. E, tra flashback di un passato sempre presente nella memoria dell’autore, si intreccia la vicenda personale di “lui bambino” e di “lui uomo”.

Dalla guerra sino all’alba di liberazione, la narrazione immette il lettore in un contesto che invita alla riflessione su diversi punti: emerge il messaggio della guerra che “è fatta per distruggere la vita”. Per ciò lo scrittore esorta i giovani a non dimenticare mai l’immane sacrificio di milioni d’italiani che contarono giorni di disperazione, di miseria, di fame e di morte. Ma emerge pure la genuinità di un’era in cui si assaporavano le piccole cose quotidiane che ruotavano attorno al focolare domestico. Echi lontani che trasportano nei meravigliosi contesti “delle cose antiche”, in quegli ambienti che solo “i vecchi” sanno raccontare e che iniziano con: “C’era una volta”.

Risultano inoltre essere minuziosissime le puntualizzazioni storiche della vita sociale e politica non soltanto acese ma italiana del tempo e le descrizioni che riportano ad un sistema narrante sobrio e colto, ed è con commozione che la lettura scorre stimolando l’immaginazione di chi non ha vissuto né nei tempi né nei luoghi narrati dall’autore. Eppure il “modo di raccontare” ha la forza di trasportare il lettore indietro nel tempo consentendogli di poter “vivere” dentro una dimensione che, anche se sconosciuta, gode di un proprio spazio visivo che la rende reale.

Lo stile dell’autore rivela chiaramente un’anima romantica, che sa fare del passato un tesoro da consegnare ai posteri, perché egli stesso ne comprende la valenza.

All’interno dell’opera, un “diario” arricchisce la narrazione perché consegna la testimonianza di un “dato periodo storico” che giunge sino ai nostri giorni. Quindi, è come se parlassimo di una digressione, in cui, “nella deviazione”  la storia si racconta e si sviluppa dentro la stessa narrazione.

Vi sono pagine fresche in cui il Leotta si svela giovinetto, e sembra diventarlo solo per “quelle pagine” in cui egli desidera rammentare certi episodi della sua vita, per aggrapparsi alla nostalgia e ad un vivere ancora genuino. Sono ricordi che coinvolgono non soltanto la sua persona ma anche personaggi acesi che possono anch’essi rivedersi e tornare indietro nel tempo non senza provare una nota di emozione.

Antonino Leotta, in questo suo lavoro, ci fa dono della conoscenza ma non solo di questa.

Tra le personali vicende quella della sua “chiamata”, un’esperienza che lo fortificherà rendendolo sempre più consapevole dell’amore del Padre e sempre più consapevole della sua scelta di vita.

Non può che emergere dalla lettura (e dallo studio) di questo bel libro la natura dello scrittore, uomo che riflette abbondantemente sui misteri della vita, che sa mettersi in discussione lottando contro certe ipocrisie e che, soprattutto, riesce ad ascoltare il proprio cuore. Un uomo che vive secondo coerenza e non per assecondare il giudizio della gente, buono o cattivo ch’esso sia. Perché, tra le bellissime pagine del suo libro, il Leotta ha scelto di svolgere un’indagine introspettiva, d’indagare sulla propria coscienza e di rispondere ai tanti quesiti della vita. E in questo viaggio interiore, egli  dà senso e significato alle parole del Vangelo, “riflettendo bene”, non per seguire una dottrina ma per seguire la verità lasciata dal Cristo.

Vi è una sorta di umanità nel suo “mestiere di pensatore”, vi è un bisogno di chiarezza e conoscenza nel suo animo permeato di grande spiritualità (un dono del buon Dio) che non lo fa schierare contro la comunità ecclesiale ma lo rende partecipe e attivo studioso “del linguaggio e del pensiero di Dio”, di ciò che davvero il Signore desidera per i suoi figli, ognuno con la propria chiamata.

Le riflessioni, che si tramutano in parole di coraggio, aprono le porte verso un Dio profondamente misericordioso che non condanna ma che, invece, è pronto a comprenderci.

Insieme alle riflessioni, le minuzie storiche accompagnano il prestigioso lavoro del Leotta sino alla sua scelta di abbandonare i voti non senza dedicare sempre la propria esistenza all’amore verso Dio.

Il testo è un compendio di elementi che uniscono le problematiche storiche, politiche, sociali e religiose e rivela il ruolo fondamentale del “ricordare” per proiettarsi verso un futuro che, a causa della tecnologia sempre più avanzata, è artefice di vuoti e di solitudine. La “memoria” è ciò che ci permette di non commettere più gli errori del passato e, per tal motivo, serve a rammentarci di avere rispetto dell’altrui sofferenza e dei sacrifici che hanno fatto i nostri padri. Attraverso di essa  possono essere esortati i posteri a sapersi riconoscere parte integrante di una comunità “senza tempo”, capace di renderli sempre più responsabili, attivi e consapevoli anche verso la  propria Città. E’ infatti possibile alzare il capo e ad andare avanti perché bisogna “credere, con orgoglio, che c’è sempre la possibilità di poter stringere in mano lire dodici e cinquanta. Per sognare ancora. Per organizzare il presente e preparare il futuro. Per rivedere giorni con un’aurora di speranza”.