NEL ROMANZO “PRIGIONIERA” L’ESTREMA SPREGIUDICATESSA DEL RICALCARE MODELLI PRECEDENTI

Recensioni ed Eventi – Nuove Edizioni Bohémien – Edizione Speciale Marzo 2014

A cura di Marcello Proietto

prigioniera

Prigioniera

Il libro Prigioniera di Maria Cristina Torrisi offre diversi spunti di riflessione partendo innanzitutto dalla copertina che, nonostante contenga, come nella maggioranza dei casi, un titolo ed un’immagine, elementi esemplificativi che risaltano nella veste grafica utilizzata, ci serviranno per passare all’analisi del racconto nei suoi elementi intrinseci, esaminando in modo dettagliato il genere letterario e l’acribia della scrittrice.

Per il titolo è stato volutamente scelto dall’autrice il titolo Prigioniera, scritto con caratteri di colore bordeaux su uno sfondo nero, nell’intento di comunicare ai lettori un messaggio immediato prima che essi si addentrino nelle trame del romanzo: il bordeaux, in contrapposizione al nero, è un colore che solitamente simboleggia la passione macchiata dal sangue versato, mentre il nero è simbolo di morte, di oscurità e di ogni forma di male. Di passione-sangue-malvagità si colorerà il libro di Maria Cristina Torrisi nella sua ben riuscita ennesima fatica letteraria. Il termine prigioniera deriva dal latino captiva, dalla radice del verbo capio, al quale vengono attribuiti vari significati, ciascuno di essi fondamentali per comprendere il sistema narrativo: cercare di prendere, di afferrare, di cogliere, ma, soprattutto, di ottenere e di possedere. Quest’ultimo termine è indicativo nel caso specifico della trama in oggetto in quanto indica il dominio di qualcosa o di qualcuno, che sia un oggetto o una persona, o una persona che diventa a sua volta oggetto di qualcuno. Dal titolo si inizia a percepire che protagonista del romanzo è una donna, il suo nome è Edga e se la scrittrice le attribuisce il ruolo verosimile di una prigioniera, la nostra immaginazione ci porta a sostenere due considerazioni: la protagonista avrà commesso qualche reato o sarà succube del reato di qualcuno?

Per dare una risposta a queste due domande, l’immagine che è stata inserita in copertina è un elemento aggiuntivo al titolo in funzione del suo significato. L’opera d’arte riporta il titolo The mirror, eseguita nel 1890 da Dennis Miller Bunker, uno dei maggiori impressionisti americani. Se si analizza la donna ivi rappresentata si riesce ad individuare sia la intentio autoris e la struttura del sistema testo, sia la intentio operis, cioè il processo di codificazione dell’opera o il suo sistema di significazione. Nella donna, infatti, si nota che ella si mostra agli occhi dell’osservatore di profilo, con in mano uno specchio, tenuto volutamente a debita distanza dal suo volto, nell’atteggiamento di specchiarsi non a fini estetici, bensì nell’atto di ricercare nella superficie dello specchio il riflesso della sua anima. Tentativo fallito dall’espressione di sfiducia e delusione leggibile sul volto della donna, una figura che anela alla libertà. La donna è rappresentata con un candido abito che si contrappone e si dissolve sullo sfondo nero, come se stesse per scomparire, come se la sua persona ormai fosse destinata a cancellarsi, inghiottita da una distorta ideologia sociale.

prigioniera amore

Maria Cristina Torrisi ha aggiunto, inoltre, un terzo elemento, a quelli già detti, che può passare inosservato all’attenzione del lettore, ma è anch’esso carico di significati. A questo riguardo si riflette su cos’è un romanzo al quale si attribuisce il genere storico.

Il romanzo infatti si colloca in base a due coordinate spazio-temporali ben definite, nelle quali si svolge la storia della protagonista, inserita nel microcosmo di una società medio-alta borghese, che si insinua nelle viscere quotidiane di una città che sente viva l’appartenenza ad uno Stato. Prigioniera è ambientato nel Piemonte in un’Italia ormai postunitaria. La scrittrice nel descrivere gli ambienti ed i fatti storici realmente accaduti, dimostra di avere una padronanza dei temi storici districandosi con leggerezza e disinvoltura nelle trame del racconto a dimostrazione del suo livello culturale profondamente sensibile. Il lettore si trova immerso nella descrizione di paesaggi e avvenimenti, come se si materializzassero davanti ai propri occhi.

Nella descrizione dei personaggi s’intravede una leggera somiglianza allo stile letterario di un  Federico De Roberto ormai maturo. Su questo aspetto non ci si riferisce alla celebre opera I Vicerè, bensì al corpus di novelle (Sorte e Documenti Umani) poco noto alla letteratura per i personaggi ivi descritti, nonostante l’ambientazione, gli usi ed i costumi siano nettamente differenti. Se la scrittura di Maria Cristina Torrisi può essere in parte paragonata a De Roberto, per altri versi può sembrare che il suo stile abbracci quello di altri suoi autori conterranei, come Verga e Pirandello, subendone la contaminazione.

Non si può dire che la letteratura italiana manchi di una tradizione del romanzo storico: tutte le discussioni romantiche sono dominate da questo tema. Sarebbe facile definire Prigioniera un racconto assai tardo di questo filone, e poiché non si possono attribuirgli innovazioni del ‘genere’, né a livello linguistico né a livello delle strutture narrative, basterebbe leggerlo per il suo valore e per la non poca luce che getta su episodi di storia italiana. Del romanzo storico il libro di Maria Cristina Torrisi ha alcune caratteristiche strutturali e ideologiche che per vari aspetti lo rendono sociologicamente attuale.

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Questo è il topos principale del romanzo storico. Ma è certo che questo genere nasce, soprattutto, con intenti estetici e con intenti civili. Pertanto, oltre l’ovvio richiamo al “vero storico”, è un romanzo a sfondo esortativo, in cui predominano, proposte come modelli positivi e varie virtù. Il romanzo storico è figlio di una poetica assai conscia di se stessa, e si pone continuamente delle questioni sulla propria struttura e la propria funzione, che ad ogni punto genera la propria riflessione metanarrativa, si interroga sui suoi fini, discute coi lettori, come, ad esempio massimo fra tutti, il Manzoni ne I promessi sposi.

Del romanzo storico il libro Prigioniera ha proprio, infatti, l’estrema spregiudicatezza del ricalcare modelli precedenti, la libertà nell’allungare gli avvenimenti, nel riaprire le partite già chiuse, la disinvoltura nel fornire come prefabbricata la psicologia dei suoi protagonisti. Quanto alla psicologia, tutti appaiono rivestiti dal ruolo di buoni, anche se alla fine del racconto questi si rivelano cattivi: come il conte Ferdinando e la governante Clara, un’iperbole caratteriale filtrata dall’unico problema che affligge questi due personaggi, cioè un comportamento causato solo ed esclusivamente da eventi alterati di un passato non glorioso. Una volta ascritto Prigioniera al filone del romanzo storico, bisognerà soltanto, allora, risolvere alcune modalità anagrafiche. La storia del romanzo viene scandita in due grandi episodi: nel primo periodo o periodo romantico-eroico, Maria Cristina Torrisi ne ricostruisce il tema centrale del racconto: la lotta manichea del bene contro il male, vissuta da una comunità di oppressi che viene vendicata dal Superuomo-eroe, in questo caso, il ruolo viene svolto straordinariamente ed eccezionalmente da una donna!; del secondo periodo o periodo borghese, l’autrice ne coglie appieno i tratti. È una sorta di Gattopardo del romanzo popolare, che riesce a rivisitare in modo molto spontaneo e con risultati felici uno stile trapassato.

Si ritiene opportuno richiamare questi periodi perché servono singolarmente a rivelare le strutture costanti a cui anche Maria Cristina Torrisi si è riferita e definiscono, senza ombra di dubbio, l’appartenenza di questo libro a modello sociologico ed estetico del romanzo storico.

Questo genere di romanzo non inventa situazioni narrative originali, ma combina un repertorio di situazioni “topiche” già riconosciute, accettate, amate dal proprio pubblico e lo caratterizza questa attenzione, alla richiesta implicita dei lettori, come accade per il romanzo giallo. Il romanzo, infatti, di Maria Cristina Torrisi può essere, inoltre, letto in chiave poliziesca-investigatrice, elemento caratterizzante del romanzo giallo. Anche se l’ipotesi può sembrare provocatoria, azzardata può apparire la riflessione oltre ogni dubbio. Fin dalle prime pagine del racconto e poi successivamente lungo tutto il costrutto narrativo, l’autrice accenna, in brevi flash, ai vari omicidi che si consumano nelle strade della città a danno di prostitute, per ricordare al lettore che mentre la sua attenzione è rivolta alla storia della protagonista, in città accadono ripetutamente ed in modo costante degli avvenimenti poco felici. Di questa catena di omicidi alla fine del racconto si svelerà la vera causa e la scoperta del colpevole, in un crescendo di emozioni che culmineranno nel parallelismo letterario con i vari omicidi consumati tra le mura del castello. Siamo alla presenza di uno schema delitto-indagine-scoperta del colpevole che coincide perfettamente con disordine-paura-ristabilimento del bene e della giustizia, elaboratori esemplarmente da Doyle nel romanzo Uno studio in rosso e per altri versi in analogia con la struttura narrativa dei romanzi della celebre Agatha Christie.

Un altro forzato parallelismo è la presenza nel racconto dello stalliere che riporta inevitabilmente alla memoria il romanzo ottocentesco di Lawrence, L’amante di Lady Chatterley. In questo caso, però, l’autrice si discosta dalla figura di stalliere di Lawrence descrivendo Ivan, come colui il quale sarà di sostegno, di aiuto e soprattutto vero amico di Edga nelle varie e complesse dinamiche della protagonista.

Prigioniera

In conclusione, un’ultima riflessione scaturisce dall’esaltazione della figura femminile in tutte le sue forme, nucleo centrale del racconto: in Edga, la donna che si lascia suadere dal male pur conoscendo il bene, costretta a vivere in una casa-prigione; in Clara, la governante, la donna crudele e complice del male per gelosia del conte Ferdinando; e così via per tutte le altre donne che si presentano di volta in volta lungo la storia.

È ammirevole il lavoro svolto da Maria Cristina Torrisi nel mettere in luce un tema attuale, come il femminicidio, dai connotati così forti, utilizzando un registro romanzato, impregnato di storicità. Prigioniera non deve essere letto esclusivamente dalle donne, ma da tutti gli uomini affinché possano evitare comportamenti violenti per affermare il proprio ego, inconsapevoli che simili atteggiamenti siano sinonimo di una mentalità gretta, possessiva e maschilista, svuotata di dignità e di personalità.