RIFLETTENDO SUL VANGELO DELLA SETTIMANA: il cieco nato

Itinerari dello Spirito

A cura di Carmela Nicolosi

09-Miracolo_cieco_nato-2-1Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
Gv 9, 39-41

È Gesù che, passando, vede il cieco nato.
È ancora Lui che, come con la Samaritana, ha attenzione per i bisogni, i dolori, le sofferenze dell’uomo. È sempre Lui a chinarsi sulla difficoltà, ad essere sempre fedele soprattutto quando si crede erroneamente di essere soli e abbandonati.
Gesù, che è il taumaturgo per eccellenza di ogni malattia fisica e spirituale, con grande discrezione e dolcezza sana le ferite dell’uomo cieco e, quindi, non solo la sua cecità, ma anche la sua fede: il cieco, che rappresenta l’ultimo, l’emarginato, colui di cui nessuno si prende cura, riceve la guarigione da Dio, perché Dio si prende sempre cura degli ultimi (e chi non si è sentito “ultimo” almeno una volta nella vita?). Una volta guarito, il cieco è pronto a proclamare e lo fa gradualmente: prima descrive Gesù come un uomo, poi come un Profeta, poi lo proclama Figlio di Dio. La fede è una progressiva illuminazione, passo dopo passo, ci mettiamo degli anni per riuscire a proclamare che Gesù è il Signore (P. Curtaz), perché questa proclamazione è frutto di una cooperazione tra la Grazia di Dio e la volontà dell’uomo.
Inizia un feroce dibattito: chi lo ha guarito? Perché? E perché di sabato?
Molti sono i personaggi coinvolti: la folla, i farisei, i suoi genitori, i discepoli. Ma lui solo è il protagonista, il cieco che recupera prima la vista, poi l’onore, poi la fede.
I farisei, specchio della nostra Chiesa santa e peccatrice, non vedono l’uomo, vedono il caso morale e dottrinale. Il criterio di giudizio è l’osservanza della legge. C’è un’infinita tristezza in tutto questo. Sanno tutto delle regole e sono analfabeti dell’uomo: loro sanno ed è il mondo, gentilmente, che si deve adeguare alle loro teorie.
Ogni cristiano può senz’altro identificarsi sia col cieco che riceve aiuto da Dio sia col fariseo che giudica, che soffoca l’amore di Dio per il rispetto di un’imprecisata legge, che non accoglie, ma condanna, che si arroga diritti che non ha: quanti arroganti fra noi cattolici, sempre armati, sulle difensive, santamente convinti di dover menare bastonate ai non credenti e, quel che è peggio, ai credenti che dubitano, che si interrogano, proprio come il cieco (P. Curtaz).
Che questa Parola di Dio possa metterci in discussione e non lasciarci indifferenti e arroccati sulle nostre posizioni, come i farisei.