Akis Aquilia Acireale. Formazione ed evoluzione urbana di un antico centro siciliano.

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Memorie

A cura di Rosangela Spina

 

Acireale fa parte di un sistema di numerose frazioni, collegate tra loro anche storicamente, che si dipartono da un nucleo in forma stellare lungo i versanti e i siti collinari: negli antichi Casali vi si svolgevano importanti attività, come per esempio la Fiera Franca che si teneva davanti alla chiesa di Santa Venera al Pozzo. Il collegamento tra le frazioni inizia nel 1827, grazie al progetto per la realizzazione della nuova strada provinciale Acireale-Mangano, verso Mascali e Riposto. Fino a tutto l’Ottocento gli interessi territoriali erano infatti rivolti verso nord o nord-ovest e non verso Catania.

Il centro urbano di Acireale, adagiato su un altopiano degradante del declivio orientale della Timpa, costeggiato dallo Jonio e sviluppato con delle articolate diramazioni e degli insiemi urbani minori verso il versante occidentale, rappresenta un impianto di lieve pendio, irregolare ma con un carattere estensivo, a ventaglio verso ovest e con un andamento più regolare verso nord. Il perimetro del centro costeggia la linea orientale del costone roccioso, che si snoda lungo il limite della ferrovia e la via De Gasperi; esso include, nella porzione centrale, tutto lo sviluppo edilizio ai lati del Corso Umberto, chiuso nella testata nord dalla via Principe Amedeo. La parte occidentale è decisamente più frastagliata, in quanto include le restanti porzioni del tessuto medievale e si congiunge con le strade Dafnica e Salvatore Vigo. A sud una lunga propaggine edilizia include i comparti laterali di piazza Agostino Pennisi e via Dell’Agrumicoltura.

Il reticolo urbano di Acireale, storicamente piuttosto spontaneo, è conseguente dell’orografia del territorio, oggi sviluppato prevalentemente su un asse longitudinale e parallelo alla costa. L’asse della via Dafnica, invece, raccordava anticamente la città agli altri insediamenti collinari. Lo schema quasi radiocentrico di alcune strade inserite in un contesto irregolare, presenta delle emergenze interessanti nei tipi edilizi delle strade minori, con la sovrapposizione di tracciati lineari ed elementi architettonici polarizzanti, quali i sistemi cupolati del XVII-XVIII secolo di Piazza Duomo e delle altre piazze, realizzate a seguito della ricostruzione post-terremoto del 1693.

Da Akis ad Aquilia, da luogo baronale a demaniale, fino ad Aci Reale, la storia e la trasformazione urbana, avvenuta nei secoli, evidenzia l’importanza della cittadina acese sullo Jonio, già da epoche molto antiche. Soffermandoci sulle terminologie, secondo antiche leggende e studi recenti, i nomi di Acireale e le “altre Aci” deriverebbero da Xiphonia, una terra di origine greca legata al mito di Aci e Galatea. In età romana l’esistenza di una città chiamata Akis, tra Acicastello e Acitrezza, è stata datata all’anno 213. La città del XII secolo era chiamata Aquilia o Aci Aquilia Nuova, per distinguerla da Aquilia vecchia o Vetere. Volendo sottolineare, nei confronti delle altre Aci baronali, la diretta dipendenza al Regio Demanio e l’importanza della città, il nome attuale di Acireale fu coniato verso la seconda metà del XVII secolo, quando ad Aci venne aggiunto l’attributo Reale. Aquilia Vetere consisteva in un borgo rurale, formatosi nel XII secolo ma divenuto consistente nel XIV, distante tre chilometri circa in direzione sud dall’attuale città, più nei pressi di Acicastello, successivamente sviluppato nelle zone di Santa Caterina, Anzalone e Madonna delle Grazie; nel XV secolo questo piccolo nucleo di pochi abitanti venne progressivamente abbandonato. Alla base dell’abbandono vi fu l’ipotesi di un incendio, per mano dell’angioino Beltrando Del Balzo, organizzato per vendicarsi delle offese ricevute nel 1326. L’azione della flotta angioina, molto probabilmente, era stata rivolta contro il castello di Aci, punto di riferimento importante in epoca medioevale per l’area acese. Dopo l’eruzione del 1329, che aveva interrotto la “Via Grande” per  Catania, gli abitanti di Aquilia Vetere decisero di spostarsi più a monte, ponendo così le basi del sorgere di Aquilia Nuova.

La famiglia dei Mastrantonio aveva acquistato nel 1466 il territorio di Aci, rivenduto nel 1521 dall’imperatore Carlo V, ma la città riusciva nel 1531, con dei donativi privati, ad emanciparsi dal dominio baronale e ritornare al Regio Demanio. Nel XIV-XV secolo la città presentava delle fortificazioni e la Porta Messina del 1676, poi chiamata Porta Gusmana in onore del vicere De Gusman. Un’altra porta della città era nei pressi della chiesa di San Francesco di Paola, da cui prendeva il nome omonimo. Il sistema seguiva il tracciato spontaneo delle strade medievali che, in seguito, si salderanno per successive saturazioni al nucleo centrale. Agli inizi del XV secolo l’abitato era su un pianoro del sito attuale e consisteva in un agglomerato rado di case, ma già sul finire del secolo si espandeva, divenendo nel corso del Cinquecento il centro più importante di tutto il territorio acese. La crescita demografica, economica e politica di Aquilia Nuova non conobbe soste per tutto il XVI secolo, malgrado il frequente verificarsi di carestie.

Un primo impianto (XV) dell’attuale centro è quello della città tardo-medievale di Aquilia Nuova. La città si era sviluppata attorno al nucleo secondo due assi principali: uno in direzione nord-sud, dal mare di Capo Mulini verso Giarre, l’altro verso occidente, in modo quasi ortogonale al primo. Numerosi elementi concorsero nel Cinquecento al formarsi di una grande città: il “Privilegio del Mero e Misto Impero” (con potestà di giurisdizione civile, criminale e d’appello), la formazione dell’archivio comunale, di un ospedale e del Monte di Pietà, la costruzione di molte chiese e conventi, l’ampliamento della “piazza maggiore” con la fabbrica della chiesa dell’Annunziata (oggi Duomo), la costruzione della Corte Giuratoria (Palazzo di Città). Aquilia nuova era al centro di cospicue attività commerciali e produttive che la collegavano ai casali circostanti di Santa Venera al Pozzo, Reitana, Capo Molini, con un percorso viario importante denominato “Strada Reale”. Nel 1553 Aquilia ed il restante Aci (Università di Aci), corsero nuovamente il “pericolo di essere vendute” e soltanto un piccolo donativo fece scongiurare la ricaduta sotto il dominio baronale.

La città del XVI secolo fu oggetto di espansione naturale, non programmata, con una pianificazione urbana e una casualità costruttiva di tipo spontaneo, almeno fino al XVIII secolo, quando a seguito del terremoto sarà oggetto di vaste regolarizzazioni. Sino a tutta la metà del secolo XVI, tuttavia, l’esistenza della cosiddetta Chiusa dell’Abate, compresa tra piazza Duomo, piazza San Domenico, piazza Marconi e via Galatea, precludeva l’ampliamento verso il lato meridionale. L’espansione urbana, invece, si dirigeva verso nord e ad ovest della via Mastra. L’abitato era compreso nel circuito della Chiesa maggiore, tra via Gusmana, via Cavour e via Atanasia. Nel XVI secolo Acireale appariva ancora con il suo impianto medievale dalle vie tortuose, nel quale si distinguevano le contrade delle famiglie e dei religiosi: Mussumecchi, Gambini, Sopraminao (San Biagio), di San Giuseppe (poi San Domenico), della Nunziata, dei Cavallari (Santa Caterina), di San Sebastiano (Sant’Antonio da Padova). È possibili riscontrare alcuni tipi edilizi interessanti nell’impianto di strade di matrice medievale, quali via San Martino, via San Giuseppe, via Santo Stefano, via Dafnica e nei vicoli sottostanti, che determinano un sistema edilizio a raggiera. Tra le strade più antiche vi è la via Cavour (già San Giuseppe), aperta di fronte al Duomo e la via Galatea in direzione nord-sud, realizzata nel Seicento per congiungere il convento dei Cappuccini alla restante città. L’attuale Corso Umberto, esistente già dal XVI secolo ed anche all’epoca piuttosto lineare, era denominato strada San Rocco.

Nel nuovo centro urbano, dal XVI secolo in poi, era iniziato lo stanziamento di grandi Ordini Religiosi con la relativa costruzione di numerosi conventi (Carmine, Cappuccini, San Domenico, Padri Zoccolanti) e nuove chiese (San Michele, San Domenico, San Sebastiano, Sant’Antonio da Padova). L’abitato pre-terremoto 1693 era imperniato attorno piazza Duomo, circondato da altre chiese oggi non più esistenti (Maria di Monserrato, San Vito). Nel XVII secolo la città si sviluppava ancora lungo la via Mastra o Regia che da nord, dalla chiesa del SS. Salvatore, scendeva verso la matrice dell’Annunziata (Duomo). La via Dafnica congiungeva il centro con i borghi collinari ad ovest, ma la città si espandeva anche verso est sui terreni della Chiusa dell’abate. La via Mastra percorreva dal Bosco di Aci all’odierna via Cervo e piazza dell’Indirizzo, e proseguiva per piazza Gusmana. La strada risaliva poi per via Dafnica fino al piano di San Giovanni Evangelista.

Nel XVII secolo sorgevano dei contrasti tra Aci Aquilia ed i restanti Casali: non ultimo, quello nato a seguito del trasferimento nel centro di Aquilia della Fiera Franca (1616) che dal 1422, per concessione di Re Alfonso, si era tenuta in contrada Reitana; dopo una prima separazione e una momentanea pacificazione, nel 1628, si giungeva nel 1640 alla separazione definitiva. I Casali di Sant’Antonio e San Filippo erano costituiti in città, la Urbs Acis Superioris (la Aci Superiore) terra baronale, mentre Aci Aquilia restava demaniale e assumeva contemporaneamente, come prima citato, la denominazione Reale in quanto città più importante tra le nove del circondario.

A seguito del terremoto del 1693 la ricostruzione della città vede una suddivisione in quartieri: Annunziata, San Michele, San Giuseppe, Santa Caterina, San  Sebastiano, Oditrigia, San Giovanni, San Rocco. Si continua a seguire nella parte ovest il tracciato medievale ma, alla fine del XVIII secolo, all’intervento spontaneo si sostituiva l’espansione programmata e regolata da allineamenti, basato soprattutto su alcuni sventramenti nella parte ovest e nell’apertura di Corso Savoia. Con lo stesso criterio si realizza la via del Belvedere e l’allineamento del Duomo con il Corso Umberto.

La storia urbana di Acireale, nei primi anni del Settecento, vede l’opera di ricostruzione dopo il terremoto del 1693, con nuovi palazzi e chiese di linguaggio tardo barocco, tracciamento di nuove strade e allargamento delle vecchie, interpreti significativi come il pittore Pietro Paolo Vasta e l’architetto Paolo Amico, che diedero ad Acireale la sua immagine settecentesca. Il sistema “barocco” di Piazza Duomo, baricentro attrattivo e cuore della città già dal 1500, rappresenta ancora oggi un caso unico nell’organizzazione del centro. Dopo il terremoto del 1693, la piazza raggiunse il suo assetto definitivo – un perimetro quadrangolare, definito a nord dal fianco della chiesa Matrice, ai lati dalla facciata della chiesa dei Santi Pietro e Paolo e dal Palazzo Senatorio – e divenne fulcro anche del sistema viario di assi divergenti: la Strada Belvedere (Umberto) e la Strada Carolina (Savoia).

L’aspetto urbano è quello che tutt’oggi conosciamo. Nell’allegata bibliografia è possibile approfondire ulteriori aspetti della rinomata cittadina acese.

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