Maria, Madre del mondo

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Recensioni

A cura di Sara D’Angelo

 

In un romanzo breve di pochissime pagine Erri De Luca dipinge il ritratto di Miriàm/ Maria, una giovane ragazza ebrea, donna per dono di Dio.
Il momento dell’annunciazione è contenuto nella prima stanza, una delle quattro in cui è suddiviso il santo e umano cammino. Miriàm riceve da “un colpo d’aria, una polvere celeste” l’annuncio che sta per diventare madre.
“Shalom Miriàm” l’angelo sconosciuto all’improvviso sospende il tempo della giovane.

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Nascerà da lei il figlio di Dio, venuto a salvare il mondo. Miriàm è però ancora sposa promessa. Iosef, l’uomo che diventerà suo marito, si rifiuta di consegnarla al popolo affinché proceda alla lapidazione. È questo che dice la legge. Spetterà a lui, al promesso sposo tradito la brutale precedenza di scagliarle addosso il primo sasso.
La verità confessata di Miriàm costringe Iosef a inventare un progetto di menzogne per salvarla da morte certa. Crederle è un atto d’amore, la fiducia nella sua verità è un dono che rafforza l’amore di Miriàm per il suo sposo.
La seconda stanza accoglie il tempo della gestazione. La condizione di Miriàm offre scandalo al popolo dell’intero villaggio. Le nozze fissate da tempo vengono celebrate a fine estate sotto una tenda. Il matrimonio è disertato dagli invitati, il villaggio è ferito dall’offesa morale che ha generato tanta vergogna. I due sposi trascorrono la prima notte mano nella mano, Iosef è un uomo saggio, obbedisce alla volontà della sua coscienza che gli suggerisce di aspettare la nascita prima di unirsi a lei.
“Miriàm, sai cos’è la grazia? Non è un’andatura attraente, non è il portamento elevato di certe nostre donne bene in mostra. È la forza sovrumana di affrontare il mondo da soli senza sforzo, sfidarlo a duello tutto intero senza neanche spettinarsi. Non è femminile, è dote di profeti. È un dono e tu l’hai avuto. Chi lo possiede è affrancato da ogni timore. L’ho visto su di te la sera dell’incontro e da allora l’hai addosso. Tu sei piena di grazia. Intorno a te c’è una barriera di grazia, una fortezza. Tu la spargi, Miriàm: pure su di me.”
Iosef è costretto a subire sguardi severi, ad ogni passo è oggetto di derisione, viene insultato e schernito, allontanato con disgusto dalla folla.
Miriàm non se ne cura ma Iosef è costretto a cercare un lavoro che lo tenga al riparo da ogni contatto esterno. Lapidato di parole Iosef viene quotidianamente insultato per aver preso Miriàm come moglie. Una moglie vergine. E incinta.
Quando i Romani obbligano il censimento la notizia è fonte di liberazione per Miriàm e Iosef. Andranno lontano, a Betlemme, li accompagnerà una stella cometa da poco tempo apparsa sulle colline di Nazaret. Presagio di buona sorte o di sventure?
Il figlio nascerà lontano da presenze traboccanti di sentimenti meschini.
La terza stanza assiste il lungo pellegrinare verso Betlemme. Il viaggio è un ripetuto incontro con viandanti, uomini e donne s’intrattengono a parlare sulle ragioni del censimento indetto dai Romani.
“È sgradito al Dio di Israele che ha voluto il nostro popolo numeroso come le stelle della notte e come la sabbia del mare”.
Lo chiameremo “Ieshu, figlio di Miriàm e Iosef” dice Iosef alla sua sposa. Una notte un angelo mi venne in sogno e mi consegnò il nome del figlio nato orfano di un seme.
Arrivati a Betlemme vengono accolti da una bianca coperta di neve, li accompagnerà nella notte in terra straniera, non c’è alloggio che dia loro la sembianza di un calore di casa, l’unico riparo è un tetto di cielo che si offre a tutti gli uomini, ciascuno di loro perduto nella sua notte. La luce della stella cometa attraversa il cielo d’Israele, fa da guida ai passi incerti di ogni uomo disorientato, è direzione disegnata da Dio per non disperdere i suoi figli.
La quarta e ultima stanza completa il dipinto celeste con una suggestiva cornice che raffigura la nascita di Ieshu e la rappresentazione dell’illuminato evento. Nell’oscurità di un’angusta capanna, Miriàm dà alla luce suo figlio. È un maschio.
“Tu sei pasta cresciuta in me senza lievito d’uomo”.
Iosef è un uomo e come tale la legge del tempo gli impone di non poter assistere alla nascita, così aspetta paziente davanti alla porta. Miriàm è costretta a fare tutto da sola. La sostiene la forza di una nuova madre che sta nascere insieme a suo figlio.
In nome della madre è testimone a distanza di una giovane ragazza di Galilea che ha vissuto le ansie e le paure in nome di tutte le madri.
La forza umana di Miriàm è la sacralità di Maria. La maternità è il miracolo dell’Amore, Erri De Luca scandaglia con prestazione certosina le mille sfaccettature dei pensieri che affollano il tempo dell’attesa. Miriàm sa di essere solo un recipiente del figlio come Maria lo è del Signore. Madre che prepara alla luce un figlio, madre che consegna al mondo il Salvatore.
Il romanzo non è per mani di fedeli soltanto, è bandiera di un ventaglio di sentimenti, primo fra tutti la forza di una madre in attesa di diventarlo.
Erri De Luca affida la sua penna profonda a Miriàm perché possa scrivere in prima persona il travaglio interiore che scuote e commuove il suo grembo, custode di una nuova vita. Chi meglio di una madre può firmare le felicità e i turbamenti che precedono l’annuncio del suo dono al mondo?
Una scrupolosa analisi della psicologia femminile è al centro di questo ritratto di donna, di due donne, Miriàm e Maria, la cornice è rifinita con un marcato simbolismo che accompagna l’attesa tra parole e silenzi per tutto il viaggio verso la LUCE.
Sono pagine di carta, eppure averle tra le mani è come un fremito provocato da un carezzevole velluto. È poesia l’annuncio, una tela impalpabile ricca di sfumature è la dolcezza dell’attesa.
La magia della tenerezza si spande con la forza che solo una risoluta volontà è capace di dare. In un tempo in cui la donna era materia senza valore, la sapienza dello scrittore provvede con il suo dono di pagine a omaggiarla della dignità che merita. Miriàm faro della vita, Maria madre benedetta tra tutte le donne, Maria principio dell’Immenso.