
ARTE
A cura di Francesca Bella
Foto © Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
Sarà aperta al pubblico fino al prossimo 2 giugno presso CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, in via delle Rosine n. 18, la mostra “Henri Cartier-Bresson e l’Italia”, realizzata in collaborazione con la Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi e promossa da Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. L’esposizione, inaugurata lo scorso 14 febbraio, è curata da Clément Chéroux e Walter Guadagnini ed è accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore.
Henri Cartier-Bresson nasce in Francia, a Chanteloup, nel 1908 all’interno di una famiglia agiata. L’iniziale amore per la pittura lo spinge ad abbandonare gli studi liceali, ma, in seguito, l’incontro con l’arte fotografica darà una nuova svolta alla sua vita. Nel 1933 i suoi scatti vengono esposti, per la prima volta, alla Julien Levy Gallery di New York e negli anni successivi viaggia in Europa, Messico e Stati Uniti. Durante il Secondo conflitto Mondiale viene catturato dai nazisti, evadendo nel 1943. Quattro anni dopo fonda insieme a Robert Capa ed altri fotografi l’agenzia Magnum e inizia il suo lavoro come fotoreporter, collaborando con tante importanti riviste. Nel 1952 pubblica il suo primo libro, Images à la sauvette, ed espone per la prima volta in Italia. Nel 2003 crea la Fondazione Henri Cartier-Bresson a Parigi con l’obiettivo di conservare le sue opere e il 3 agosto dell’anno successivo muore.
All’interno della mostra è possibile ammirare 160 fotografie realizzate da Cartier-Bresson nel corso dei suoi numerosi viaggi in Italia e distribuite in sei sale, di cui ognuna racconta un preciso arco temporale. In particolare, nella prima sala l’excursus fotografico parte dal 1932, anno del suo primo viaggio in Italia insieme allo scrittore André Pieyre de Mandiargues e alla pittrice Leonor Fini, che ha, per l’appunto, come focus “Il primo viaggio – Da Trieste a Salerno”. Nella seconda sala si attenziona il biennio 1951-1952, “Succede tutto nella piazza – Roma”, con scatti romani poi pubblicati sulla rivista «Life». Nella terza sala si rimane sempre nello stesso biennio ma ci si sposta al Sud: “Le persone qui sono incredibilmente ospitali – Abruzzo, Basilicata e Ischia”. Ecco come viene descritta nei testi di sala questa interessante tappa del viaggio del fotografo francese:
Il Sud dell’Italia diventa un caso nazionale e internazionale nel secondo dopoguerra. È il luogo dove si gioca la grande partita della modernizzazione del paese a fronte di un’arretratezza economica e di persistenze culturali ataviche che sono state messe in luce in maniera esemplare dal romanzo Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, scrittore e pittore che il fotografo conosce già dagli anni trenta e che sarà la sua prima guida in queste terre. Cartier-Bresson scende in Abruzzo e in Basilicata (e in particolare nell’area della Lucania) tra la fine del 1951 e gli inizi del 1952, e realizza alcune delle sue immagini più famose, come le vedute dell’Aquila o della piazza di Scanno, unite a scene che evidenziano la particolarità di questa regione e della vita dei suoi abitanti […]. Le fotografie di Cartier-Bresson, comprese quelle realizzate a Ischia nello stesso periodo, saranno pubblicate sulle grandi riviste illustrate internazionali, contribuendo anche alla formazione dell’immaginario collettivo mondiale relativo al Mezzogiorno.
Nella quarta sala si arriva al 1953, “L’Italia da nord a sud”, e si racconta la realtà di città quali Genova, Verona, Venezia, Bologna, Firenze e Siena. Nella quinta sala ci si focalizza sul decennio 1958-1968, “Di nuovo a Roma”, ritraendo, fra l’altro, Pier Paolo Pasolini. Infine, il viaggio si conclude nella sesta sala, in cui ci si concentra sul biennio 1960-1962, “Committenze per le riviste e per l’industria – Napoli e la Sardegna”, e sul biennio 1971-1973 con “Gli ultimi viaggi fotografici in Italia – Napoli, Palermo, Venezia e la Basilicata”. Per quanto riguarda gli scatti relativi a Napoli e la Sardegna, ecco la descrizione offerta al pubblico in sala:
Il Sud e l’Italia insulare sono sempre state fonti di ispirazione per gli intellettuali europei, e Cartier-Bresson, come si è già visto, non si sottrae a questa tradizione. Tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta eccolo dunque a Napoli, dove riprende la vita di strada e i nuovi stabilimenti, come quello costruito nel 1955 da Olivetti a Pozzuoli, ma anche, in una immagine di straordinaria suggestione, la grande eredità artistica conservata nei musei, e in Sardegna, dove realizza un servizio che sarà pubblicato sulle pagine di “Vogue”. Si ritorna qui all’Italia senza tempo, a quel mondo rurale molto caro allo stesso fotografo, che ritrae con la consueta sensibilità luoghi e persone, evitando di cadere nel facile bozzettismo.
Visitare questa mostra significa fare un tuffo nell’Italia del passato, osservare volti, costumi, paesaggi attraverso lo sguardo di un artista che è figura fondamentale nella storia della fotografia del Novecento. Guardando le sue opere scorgiamo la pienezza, le possibilità e le conflittualità del nostro Paese cristallizzate grazie a un lavoro di immersione nella realtà genuino e concreto da parte di Cartier-Bresson.
Fonti:
– Cartella stampa
Camera Torino
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