PIETRO PAOLO VASTA: LA GLORIA DI SAN SEBASTIANO

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ARTE

A cura di  Antonio Trovato

Acireale e il pittore Pietro Paolo Vasta sono un connubio imprescindibile per la storia di questo territorio che tocca il mare e osserva da vicino l’Etna. Tanto si è scritto su questo pittore acese del ‘700 che ha illuminato l’arte siciliana del tempo, tanto si è analizzato dei suoi affreschi e dei suoi dipinti. Tra le tante testimonianze della barocca arte di Paolo Vasta  nella Basilica di san Sebastiano è visibile un affresco corale che è ben distinguibile per grandezza e ricchezza di personaggi, ma che è stato poco studiato nei particolari e nella sua complessa struttura. Si tratta dell’affresco “la gloria di san Sebastiano” che si trova nella volta dell’altare maggiore. L’opera è stata realizzata dal Vasta nel 1732 quando al pittore, di ritorno dagli studi compiuti a Roma, furono commissionati gli affreschi della chiesa dopo aver vinto l’appalto ai danni di un altro pittore acese Venerando Costanzo. Le tecniche pittoriche conseguite a Roma dal Vasta furono adottate nel ciclo di affreschi presenti nella Basilica di san Sebastiano che narrano le vicende del martire centurione. L’affresco della volta chiude la serie dei riquadri che raccontano gli episodi importanti della vita di san Sebastiano: “Il martirio delle frecce”, “san Sebastiano curato dalle pie donne”,“ san Sebastiano ricevuto da Papa Caio”, “san Sebastiano incontra Diocleziano”, “il martirio a colpi di bastone” e appunto “la gloria di san Sebastiano”.

 

Questo affresco dall’andamento concentrico ha in san Sebastiano il suo punto centrale e nei raggi del cerchio virtuale si dipanano a ventaglio gli altri personaggi. Così vicino a san Sebastiano, con una tunica rossa, con le mani aperte nell’atto di ricevere qualcosa e posto su una nuvola che è circondata da angeli che recano i segni iconografici del Difensore della Fede (l’elmo, le frecce, la palma del martirio), si trovano la Madonna e Cristo, il quale si appresta a incoronare il Santo con la corona d’oro. Cristo, con a lato degli angeli che portano i segni iconografici della passione (la croce, i chiodi, il velo della Veronica, la Sindone) regge lo scettro ed è appoggiato sul mondo, mentre la Madonna guarda verso l’alto dove si trova il Creatore. Dio, con un gesto dai connotati michelangioleschi ( rimanda a Michelangelo autore della cappella Sistina  anche la probabile postura che il Vasta assunse per realizzare l’affresco), attraverso la colomba dello Spirito Santo, illumina la corona dorata. La fattezza della corona rimanda a quella che si trova nel gruppo statuario che è portato in processione il 20 gennaio ad Acireale. Ai tempi del Vasta la statua era la stessa di oggi e la corona era simile a quella odierna, rifatta nel ‘900, e questo lascia presupporre una accondiscendenza alla identificazione del popolo col Martire da parte del Vasta che forse ha inteso immortalare la scena precedente a quella della statua acese dove un angioletto regge la corona donata dal Cristo. Ma non è la sola concessione al popolo o alla committenza che il Vasta propone in questo affresco e che più avanti avremo modo di osservare. A questo momento, che chiude il racconto degli episodi più importanti della vita di san Sebastiano narrati col pennello nel presbiterio e nel catino absidale, assistono diversi santi all’apparenza solo presenze casuali, ma in realtà non è così. Guardando l’affresco dal basso, rivolti verso l’altare maggiore, da destra incontriamo il gruppo dei Dottori della Chiesa che sono i più vicini a Dio perché secondo la rivelazione biblica la sapienza viene da Dio e non dall’uomo. Questi santi con la loro santità e con la loro eminente dottrina sono stati proclamati Dottori della Chiesa perché hanno acquisito la conoscenza dei misteri della fede. Il primo che vediamo è san Bernardo in abiti monastici con in mano la Bibbia che fece approfonditi studi teologici, che però ancora ai tempi del Vasta non era stato proclamato Dottore della Chiesa (sarà Pio VIII nel 1830 a farlo). Vicino a san Bernardo si trova San Tommaso d’Aquino riconoscibile dal sole nel petto. Il frate domenicano, che è uno dei pilastri della teologia Cattolica, sosteneva che l’anima è creata “a immagine e somiglianza di Dio”. Nell’affresco san Tommaso sembra discutere di teologia con sant’Agostino che lo aveva preceduto di diversi secoli nello studio della filosofia e della dottrina Cristiana. Infatti sant’Agostino, rappresentato con la mitra e il pastorale, è posto in alto tra i dottori della Chiesa. Ancora in questo gruppo troviamo san Gerolamo tra i primi dottori della Chiesa nell’inverosimile drappo rosso cardinalizio, rappresentato come eremita e con in mano il libro della Vulgata in attesa della traduzione della Bibbia. Chiudono la serie dei Dottori della Chiesa san Gregorio Magno e sant’Ambrogio che sembra suggerire al Papa la lettera sui possedimenti che la chiesa di Milano aveva in Sicilia oppure detta nozioni sulla dottrina della Chiesa. Completano la serie di santi posti alla sinistra di san Sebastiano san Francesco di Paola e san Rocco. Sono due santi legati alla tradizione acese (due chiese sono dedicate a questi santi) e particolarmente legati al ruolo di san Sebastiano quale depulsor pestis. Infatti i due santi, non a caso messi vicino, sono invocati, come san Sebastiano contro le epidemie e le pestilenze. Nel registro inferiore Pietro Paolo Vasta rende omaggio alle donne. Il pittore qualche anno più tardi approfondirà l’argomento femminile nella chiesa di san Camillo (dipinti nel 1745) con un ciclo pittorico sulle eroine del vecchi testamento e sulla figura di Maria. Da destra verso sinistra incontriamo santa Lucia riconoscibile da un angioletto che regge il classico piatto con gli occhi. Vicino alla santa siracusana si trova probabilmente (molto difficile l’interpretazione di questa santa) Maria di Cleofa con un manto azzurro che, come è spesso rappresentata nella deposizione, alza gli occhi cielo. Poi c’è santa Caterina d’Alessandria che ha la corona di regina e la ruota dentata del martirio. Secondo la leggenda questa santa (che da il nome a una chiesa e a un antico quartiere di Acireale) era la figlia di un re in Egitto. Nel 305 un imperatore romano, identificato in Massimino Daia, tenne una festa ad Alessandria alla quale partecipò Caterina che chiese all’imperatore di convertirsi al cristianesimo. Al rifiuto di Caterina l’imperatore la condannò a morte con una ruota dentata che però si ruppe, così da costringere l’imperatore a farla decapitare. In seconda fila si trova santa Rosa in abiti monacali e con un cerchio di rose in testa. In primo piano tra le sante non poteva mancare sant’Agata, patrona di Catania, con una mano sul seno lacerato da una ferita causata dal martirio ordinato da Quinziano. Davanti a una figura femminile impossibile da identificare perché si vede solo parte della testa si trova Maria Maddalena con accanto il tipico segno iconografico: l’ampolla d’unguento. Un’altra figura dalla dubbia interpretazione si trova in questo gruppo di sante. Si tratta forse di santa Maria Maddalena de’Pazzi  in estasi e in abiti carmelitani. Questa santa sarà ripresa dal figlio di Paolo Vasta, Alessandro, in un quadro esposto nella chiesa della Madonna del Carmelo di Acireale insieme a santa Teresa d’Avila e santa Venera in abiti carmelitani. In mezzo al gruppo e con dimensioni leggermente maggiori rispetto alle altre sante come a voler sottolineare una maggiore importanza si trova santa Venera, patrona di Acireale. La figura di santa Venera dipinta dal Vasta è conseguente al prototipo creato da Giacinto Platania, con la giovane e bella martire rappresentata col dito della mano destra alzato e nell’altra mano il vangelo con la scritta Praedica Dei Verbum. In basso un angelo regge la palma a tre corone segno identificativo di santa Venera. Continuando l’identificazione delle sante troviamo santa Barbara con in mano la torre dove il padre Dioscoro la rinchiuse per proteggerla dai pretendenti e quando la scoprì cristiana la fece torturare e decapitare. Alle spalle di santa Barbara alcune sante la cui identificazione è impossibile dato che si vedono solo i volti. Sant’Orsola riconoscibile dal vessillo rosso simbolo della vittoria cristiana che tiene nelle mani e dalla corona in testa è raffigurata tra questo gruppo di sante. Chiude il gruppo che assistono alla gloria di san Sebastiano santa Cecilia, patrona della musica, che è accompagnata da un angelo che tiene una lira. Nella parte sinistra del grande affresco si trovano diversi santi. Il primo è san Domenico con il saio e con in mano il giglio e il libro delle sacre scritture, vicino troviamo san Francesco con l’abito monacale e con le stimmate ben visibili nelle mani. Segue San Giovanni Battista che indica a san Francesco la croce che rappresenta la strada verso Cristo. Nella parte inferiore di questo gruppo di santi si trovano san Pietro e san Paolo con i chiari segni iconografici: le chiavi sorrette da un angelo per san Pietro e il libro nelle mani e la spada impugnata da un angelo per san Paolo. In mezzo a questi due santi si trova san Giovanni evangelista con la penna d’oca e il libro. Infine tre santi chiudono il gruppo. Parlottano tra loro e sono i santi di riferimento della controriforma  promossa nel concilio di Trento a partire dal 1545. Si tratta di San Carlo Borromeo (con lo zucchetto vescovile) e san Filippo Neri (con il paramento liturgico) che guidarono il movimento della controriforma e san Camillo (compatrono di Acireale) in abito talare, che seguì i dettami del concilio di Trento che aveva promosso il tema della carità e delle opere come testimonianza di fede. Questo grande affresco rivela l’ispirata mano di Pietro Paolo Vasta che con i tanti personaggi presenti illumina la volta del presbiterio della Basilica di san Sebastiano riunendo la storia del martire trafitto dalle frecce con alcuni episodi importanti della chiesa cattolica e con elementi della storia di Acireale.