DESIDERANDO FELICITA’ – RACCONTO DI ALBA MARIA MASSIMINO

Racconti del Corso di scrittura creativa – Nuove Edizioni Bohémien – Maggio 2014

Docente: Maria Cristina Torrisi

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                            Racconto tratto dal Romanzo “Montegana”

Capitolo 1

Nunziata, 1959

Un’Aprilia  blu scura stava percorrendo la strada per Nunziata di Mascali: un paesino della Sicilia, in provincia di Catania, dove la famiglia di Montegana, come ogni estate, avrebbe trascorso le vacanze.

Stavano scomodi  nel sedile posteriore dell’autovettura i cinque fratellini che, per farsi spazio, sgomitavano tra  loro silenziosamente, per non disturbare il discorso dei genitori.

Ai lati intorno, la lava nera fiancheggiava la strada, e non appena si poté osservare la statua della Madonnina di marmo bianco, collocata sulla sommità di un altarino posto su  una collinetta lavica, la madre  cominciò a recitare l’Ave Maria, seguita dal marito e dai cinque figli. Questi, per tutta la durata della preghiera, interruppero il loro  stuzzicarsi.

Fu così per tutto il tragitto, finché, giungendo quasi all’ingresso del paesino, ai margini della strada, non videro quattro bimbi dai sei ai dieci anni che sembravano aspettare qualcuno. E, infatti, non appena ebbero conferma dell’arrivo di coloro che attendevano, con l’ingresso nel paese di quell’automobile, incominciarono a correre precedendo l’autovettura che, per la loro presenza, era stata portata quasi a passo d’uomo: << I signurini, i signurini >>, gridavano felici correndo, facendo strada al conducente e prendendo il percorso verso il monte, dove vi era la campagna della famiglia Montegana. E, nel contempo, mentre correvano, si voltavano sudati e sorridenti per osservare il veicolo e coloro i quali, sbalorditi per tale accoglienza, li seguivano.

<<Hanno quattro figli i nuovi custodi?>>, chiese la donna rivolgendosi al marito.

 <<Cinque>>, rispose l’uomo. <<Tra questi manca la più grande, sicuramente è con donna Jana si chiama Teresina, ha 11 anni ed è molto bella. Vedrai, è completamente diversa dagli altri fratelli>>.

 Si era fatto uno strano silenzio nella parte posteriore dell’ autovettura. I cinque fratelli avevano interrotto il loro gioco, e, adesso, ascoltavano incuriositi i genitori a bocca aperta, mentre il veicolo si fermava  all’ingresso  di un cancello in ferro battuto fermato da un muro di cinta. Attorniava tutta la proprietà permettendo di fare intravedere il fitto e verdeggiante giardino di limoni.

Dava le spalle al cancello una donna di età indefinita, con i capelli legati alla nuca di colore nero corvino, e il volto rugoso. Donna Jana, questo era il suo nome, portava ai lobi un paio di orecchini in oro a monachella, di fattura antica, montati con corallo nero. A prima vista, sembrava molto triste, chiusa in quel sul vestito color marrone che le scendeva fino a metà ginocchio. Era magra e alta, e accennò a un sorriso forzato appena l’automobile cominciò a svuotarsi.

Accanto alla donna, stava un uomo che sembrava l’esatto contrario della moglie,  e dalla sua camicia bianchissima, dal colletto con pistagnina, si intuiva pulizia e ordine.

Era più basso della donna, ma aveva un sorriso simpatico e accattivante. Anche lui  di età indefinita, aveva il volto  bruciato dal sole. In mezzo ai due, una ragazzina  attendeva. Stava seminascosta tra i genitori, e il suo sguardo  era imbarazzato.  Pur tuttavia, saltarono agli occhi dei signori di Montegana i  capelli biondi, il colorito chiaro, leggermente  ambrato dal sole (la rendevano diversa, agli altri quattro fratelli), la   statura, che la faceva più grande rispetto agli altri, e un’innata eleganza che risaltava dal suo vestitino,celeste semplice e modesto.

<<Effettivamente è bellissima!>>, pensarono i Montegana mentre i quattro bimbi si univano, affannati e felici, ai genitori e alla sorella.

<< Don Bastianu, donna Jana, i vostri figli ci hanno scortato. Vi presento mia moglie.>>, disse il signor di Montegana avvicinando sottobraccio la moglie che, come  sua consuetudine, porse la mano per stringere quella della coppia che adesso palesava disagio. Poi, la donna, accarezzò la testa dei bambini, soffermandosi su Teresina constatò la diversità  della sua avvenenza rispetto ai fratelli.

<<Complimenti, avete dei figli bellissimi!>>, esclamò sorridendo. Così, fece cenno ai suoi di avvicinarsi.

<<Questi sono i miei figli,  e staremo qui, fino a tutto settembre >>.

Era il 20 giugno del 1959.

Capitolo 2

Come ogni estate, in maniera repentina e con tanta allegria, la famiglia di Montegana, si adattò a quello stile di vita che la vedeva priva delle comodità cittadine. Infatti, sul monte, dove sorgeva la loro casa, dalla facciata del colore rosa antico, mancava l’energia elettrica. Inoltre, l’acqua potabile veniva portata su da un asinello che saliva e scendeva dal monte quattro volte al giorno. Quella piovana, invece, che serviva per uso domestico, era raccolta nell’antica cisterna in pietra lavica posta alla fine della grande terrazza.

La sera si accendevano i lumi  a petrolio. Si collocavano sugli antichi ed eleganti sedili in pietra bianca, posti a ridosso della casa, che davano a quell’insieme rurale una nobiltà soffusa, per quei braccioli settecenteschi  incisi finemente. E sul grande muretto delimitante, vi era la grande terrazza che sembrava una passerella, tanto era larga e lunga. Da quella, affacciandosi, si poteva ammirare, a strapiombo, quel fianco della proprietà carica di lussureggianti limoni. Sembravano, osservandoli dall’alto, tanti soli incastonati nel verde. E la vista si allargava piano piano, fino all’ingresso della campagna e persino fin tutto il centro abitato di Nunziata.

Sopra quel muretto si appoggiavano i piatti e le bevande quando la sera si cenava fuori…..e si cenava sempre fuori, in quelle sere d’estate, sotto le stelle e con il luccicaredelle luci, che, in lontananza, facevano identificare i vari luoghi. Da lassù si vedeva persino Taormina e lo stretto di Messina. E ciò era un vanto per il signor di Montegana, il quale esclamav :“Non c’è cosa più bella che cenare in compagnia delle stelle, del cielo, e della terra”.

Il profumo dei limoni inondava tutta l’aria, mescolandosi agli odori dei cibi. La sera si aspettava il ritorno del capofamiglia che, quasi ogni mattina, andava via per assolvere ai suoi doveri di lavoro ciò che doveva in altre campagne. E già, quando da lontano si vedevano i fari dell’unico mezzo che saliva dal paese, prima ancora di giungervi, i suoi cinque bambini avvertivano la madre:

<<Papà, papà, sta arrivando papà!>>, esclamavano. E, non appena l’autovettura faceva il suo ingresso nel centro abitato, il signor di Montegana suonava il clacson con il solito suono, per dare conferma che era proprio lui che tornava.

I fratellini cominciavano a scendere al buio i cento gradini  che li avrebbero portati al cancello principale, tra le sgridate  della madre. E, insieme a loro, si univano allegramente i quattro figli dei custodi, mentre Teresina restava in casa ad aiutare la madre e la signora di Montegana ad apparecchiare.

Capitolo 3

A Nunziata si conduceva una vita semplice e tranquilla, e i cinque bambini di Montegana, quell’estate, erano particolarmente giulivi per i quattro compagni di gioco e di monellerie con i quali avevano stretto amicizia.

Da solo un anno, infatti, i custodi si erano trasferiti in quella campagna. Avevano abitato per anni in una tenuta di Santa Domenica Vittoria e raccomandati da un comune amico per subentrare al vecchio fattore.

  Teresina se ne stava in disparte, osservando i fratelli e gli altri bambini in silenzio, ed eseguendo quanto la madre le diceva di fare. Spesso, la signora di Montegana, la vedeva seduta sul gradino della cucina a leggere un libro, e si chiedeva cosa imprigionasse i suoi pensieri tanto da preferire la lettura al gioco con gli altri bimbi. E, un pomeriggio, la trovò al medesimo posto sul solito gradino: sembrava una preziosa statuetta di capodimonte in quella sua ferma, silenziosa posizione, che la vedeva intenta ad immergersi al contenuto del libro che aveva tra le mani.

Il sole, ancora presente in quell’ora d’estate, illuminava i suoi capelli rendendoli dorati e dando a quell’insieme il fascino del prezioso.

<<Cosa leggi Teresina?>> – le chiese la signora.

La bimba alzò lo sguardo e, alla vista della donna, d’istinto, si alzò balbettando qualcosa.

<<No, cara, stai seduta>>, continuò con dolcezza la signora, <<mi chiedevo come mai non stai con gli altri bimbi. Sono sull’altalena, senti le loro risate?>>.

Rimasta in piedi, chiuse il libro e poi rispose: <<Non mi va … >>.

<<Non preoccuparti. Continua a leggere, anzi, scusami se ti ho disturbata >>. Nel contempo, approfittò per leggere il titolo del libro: “Piccolo mondo antico”.

<<Un romanzo molto bello>>, commentò. <<Se ti piace così tanto leggere, quando andrò in città ti porterò qualche romanzo>>.

Teresina non le rispose, e la signora avvertì un grande disagio in lei. Infatti, rossa in viso, teneva lo sguardo abbassato e non riusciva a guardarla negli occhi.

<<Non mi dici nulla,Teresina?>>, continuò la donna senza accorgersi che Maria, la sua figlia maggiore, le era accanto.  <<Cosa leggi? Perché non vieni con noi?>>, le chiese quest’ultima.

Adesso Teresina aveva voltato lo sguardo verso quella sua coetanea che, con semplicità, l’aveva presa per mano invitandola al gruppo.

<<Un attimo solo, poso il libro>>, rispose. E, alzandosi dal gradino, entrando in cucina, ritornò poco dopo.

Fu un pomeriggio di grande divertimento per quei dieci bambini che, all’arrivo di Teresina, vollero cederle il posto sull’altalena, spingendola a turno e riuscendole a rubare qualche sorriso, mentre i lunghi capelli si libravano con lo spostamento dell’altalena e il suo viso arrossato si inumidiva di sudore.  Per quella dimostrazione d’affetto desiderò d’essere felice.