EVENTI IN BACHECA: AL CENTRO ZO DI CATANIA “LA PELLE DI ELISA”

A cura di R.B.

la pelle di elisa

Il 19 e 20 Dicembre, alle 21, si terrà al Centro Culture Contemporanee “Zo” di Catania “La pelle di Elisa” di Carole Frechette.
C’è un senso di estraneità che ci sorprende ogni qual volta il nostro corpo subisce una mutazione: ci pare sempre che ciò che muta, ciò che si postula come effetto indesiderato di un’azione volontaria o involontaria (nascita di un foruncolo, eruttazione cutanea, ferita occasionale) sia un oggetto estraneo al nostro corpo così come lo abbiamo imparato a conoscere e a considerare, cosicché quella pustola ci sembra un’intrusione nata a turbare un senso lineare di sviluppo e vita. A me pare succeda qualcosa di simile nell’arte, nella visione dell’arte: ciò che ci sposta dall’asse della visione prefigurata ci appare come un oggetto superfetato, estraneo, fastidioso, che disturba l’orizzontalità del nostro sguardo, o, se preferite, del nostro cammino, un cammino, retto, lineare, che ci porta senza caos da un punto A a un punto B. L’elemento percettivo è l’elemento della visione stabile, che non importa stravolgimento. Ma cosa succede se qualcosa costringe il nostro sguardo a deragliare, il nostro cammino a percepire l’inciampo e poi la fuga, il piede che non sente più il terreno far da sosta, che vacilla in un’assenza che significa deterritorialità.
In fondo è molto più semplice di quanto non appaia. Elisa è una donna che racconta storie, le racconta per un bisogno medico, ha bisogno di raccontare storie d’amore per impedire alla sua pelle di crescere e di soffocarla. Per questo lei sta davanti al pubblico, in mezzo al pubblico, perché non può fare altrimenti, Elisa il personaggio, Elaine l’attrice: per impedirsi di scomparire, di essere sepolta dalla pelle che cresce senza spiegazioni, è necessario entrare nei bar, nei luoghi affollati, incontrare gente e raccontare storie d’amore: non importa siano vere. Importa sembrino vere, che diano fremiti a chi le ascolta. Ed è quindi necessario che chi ascolti non sia passivo, che abbia una risposta non lineare, che la sua visione non sia estranea. Ma che succede quando tutte le storie che Elisa ha accumulato sono già state raccontate? Qui entra in gioco il terreno che manca: Elisa ne chiede al pubblico, il pubblico racconta la propria storia, tante storie, perché è sulle storie che si gioca la nostra esistenza, anche quando queste storie non fossero più che geografia.
Allora la pelle che ci cresce, questa sostanza che non ci appartiene, diventa nostra in un altro luogo, in un’altra forma, e non c’è più iato fra la visione e la scena, sono due momenti alterabili e fungibili, che si alternano e ciò che è stato pubblico diventa il centro di un nuovo modo d’essere spettacolo, d’essere teatro.