IL TEMPO: UN MAESTRO DI VITA

Borzi

RECENSIONI ED EVENTI 

di Antonino Leotta

 

 

Borzi

Da un primo sommario sguardo al romanzo di  Salvatore Borzì -docente di lettere presso il Liceo Classico “Gulli Pennisi” di Acireale e già noto per i suoi numerosi saggi-  emerge, con tutta la forza della sua pregnanza, l’azione della “cultura” che illumina il cammino dell’umanità. Non a caso il Prof. Giuseppe Condorelli  -docente, scrittore e saggista- ha aperto la presentazione del volume leggendo un brano del romanzo che fotografa le qualità di una biblioteca: “…era un tempio alla scienza, alla  dea Anima… Libri di ogni sorta e di ogni disciplina…In questa stanza ho raccolto, come puoi vedere, tutto ciò che poeti, letterati, filosofi hanno scritto nel corso dei secoli passati, offrendo drammi esistenziali, sogni, desideri, gioie e tragedie d’amore, palpiti di cuore ed esilaranti affreschi dell’animo umano, già pronti a dare risposte ai dubbi e alle angosce di chi desidera interrogarsi sul senso della vita…Sono convinto che i libri hanno l’immenso potere di sottrarci al tempo, di annullarlo. Il futuro, il presente, il passato sono gli uomini…”(pag.58).

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A tal proposito, mi piace leggere a pag. 21: “..l’uomo di oggi ha dimenticato la lezione della letteratura, perché non è più capace di restare da solo con se stesso, di ascoltarsi, di volersi capire, di interrogarsi sul senso della vita”..

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Mariella Fischetti, sabato 22 u.s. nell’antisala consiliare del Comune di Acireale, a nome di “VIE TRAVERSE”, ha introdotto il programma trimestrale dell’attività “SCRITTO E PARLATO. Appuntamento con il libro”. Era presente all’incontro l’Editore Alfio Grasso di Algra.

A dominare la scena, Filocleone, un giudice che Aristofane presenta come protagonista nella commedia Le Vespe (422 a.C.). Già dal titolo “L’ALUNNO DEL TEMPO”, si viene indotti a penetrare nell’essenza del “tempo”. Il presentatore ha specificato i tre  significati che i greci attribuivano ai tre modi di nominare il tempo: χρόνος (chronos), καιρός (kairos) e αἰών (Aion). Un tempo cronologico, un tempo misurabile e valutabile all’interno del suo arco e un tempo eterno.

L’Aristofane del romanzo del Borzì si muove  -non stranamente ma con una originale intuizione dell’autore-  dalla sua presenza in Atene agli inizi del 400 a.c. fino ai nostri giorni. Perché il suo comportamento non si esaurisce nelle vicende di un breve periodo storico ma si ripete e si perpetua, persiste determinato lungo il corso dei secoli dissacrando il valore e il compito della giustizia.

Filocleone, trascurando senza scrupoli i suoi affetti, i suoi legami con la famiglia, era diventato un giudice spietato e perverso: ..”Godevo nell’infliggere pene severe, specie quella di morte… Sì, lo confesso, ero compiaciuto della crudeltà che esercitavo, ne avevo gioia e godimento per via della giustificazione nascente dalla consapevolezza di aver compiuto fino in fondo il mio dovere: far rispettare la legge….La mia crudeltà mi rese celebre e temuto in tutta la città”…

Le atrocità di Filocleone si sono freddamente ripetute lungo i secoli nei momenti cruciali del cammino della storia. Bisognava assicurare un colpevole a ogni costo, anche  se a denunciare erano dei delatori spregevoli, “desiderosi non di restituire giustizia ma solo di incassare taglie e ricompense. Fino a tanto riuscì a spingersi l’ingiustizia perpetrata in nome della giustizia e del diritto”.

Un episodio sconvolgente riuscirà, tuttavia, a fermarlo e a farlo riflettere. Filocleone riscoprirà il vero volto di una umanità che gli appartiene. Capirà che il vero ago della bilancia “..è solo la ricerca del senso in tutto quello che si fa”. Interessante l’affermazione: “A questo hanno decisamente contribuito le tante letture degli scritti dei miei cari autori”.

Interessanti, lungo la serata, i dialoghi tra Salvatore Borzì e l’esperto di politica internazionale Pietro Figuera.

 Per un attimo ho accostato la figura di Filocleone a un giudice presente nella serie del Commissario Montalbano: il giudice in pensione Leonardo Attard che si strugge cercando di rivisitare tutti i processi che ha celebrato, per convincersi di non essersi mai  lasciato condizionare, nell’esercizio del suo lavoro, da visioni o interessi personali. La citazione di Sciascia, invece, da parte dell’autore nel corso dell’opera, torna assai più realistica per l’accostamento ad alcuni episodi del lungo percorso di vita di Filocleone.

Ai margini della vicenda proposta con uno stile piacevole e convincente da Salvatore Borzì, mi permetto di introdurre due immagini: la prima è quella del momento del rimorso di un giudice. Solo in quell’istante riesce a porsi veramente accanto al tormento di un condannato. La seconda è quella di un perverso criminale che ordina o esegue l’eliminazione di un giudice: Perché la sua azione di giustizia ostacola i propri interessi personali.

In entrambi i casi diventa necessario riconciliarsi con la vita.

E proprio a questa “riconciliazione” tende a orientarci il lavoro di Salvatore Borzì.

Perciò la società degli uomini deve impegnarsi a respingere ogni pena di morte e a esigere spazi e respiri umani di rinascita nelle carceri.

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