
PER NON DIMENTICARE
A cura di Maria Cristina Torrisi
Ci sono storie che non invecchiano, che restano sospese nel tempo come una bandiera al vento, fieramente issata sul pennone della memoria. E talvolta, basta un incontro casuale, una parola detta al momento giusto, per risvegliarle e farle brillare come saettanti raggi dorati sul mattutino calmo mare.
È quanto accaduto a un ex Capo Squadriglia, oggi uomo maturo, ma con lo sguardo ancora acceso da quella fiamma che da sempre l’ha accompagnato, e che scoutismo si chiama. Lui è un amico. Il suo nome è Saro Barbagallo.
Correva l’anno 1970 circa, e nel neonato Reparto “Croce del Sud” – terzo reparto scout della città di Acireale dopo “San Giuseppe” e “Nitto Scandurra” – prendeva forma una squadriglia di sette giovani entusiasti: le Pantere.
E fu proprio lui, Saro, allora quattordicenne, a dare voce a quello che sarebbe diventato un simbolo, un’identità, una piccola leggenda locale: il grido delle Pantere.
Schierati “in quadrato”, perfettamente allineati, dritti, petto in fuori, quel grido rimbombava per tutte le Montagne!
Tre battute, tre movimenti, tre anime intrecciate: quella del passato, del presente e del futuro.
“In alto le bandiere!” – gridato dal Capo Squadriglia, avanzando di un passo.
“Arrivano le…” – urlato dal vice, con passo deciso a seguirlo.
“PAN-TE-RE!” – il boato corale di tutti e sette, con i restanti cinque che, contemporaneamente, si allineano al capo e al vice come a formare un fronte compatto, un simbolo di forza e coesione.
Un piccolo rituale che, nella sua semplicità, ha saputo sfidare il tempo. Perché – ed ecco la magia – quel grido, inventato oltre cinquantacinque anni fa, è ancora oggi usato dalla squadriglia delle Pantere del Reparto Croce del Sud. Uguale. Identico. Intatto.
A raccontarcelo è proprio il suo ideatore, che qualche anno fa, durante un’escursione in montagna, si imbatté in un gruppo di scout. Una chiacchierata con il Capo Reparto, un tuffo nei ricordi e poi… la sorpresa: «Ma lo sai che ancora oggi le Pantere gridano esattamente quel grido? Non è mai stato cambiato. È diventato il loro simbolo. Il loro motto.»
Saro Barbagallo non poteva non provare un brivido lungo la schiena, un orgoglio che è risalito dai piedi fino all’ultimo capello bianco. Un sorriso, ma di quelli che nascono dall’anima, si è acceso sul suo volto.
E come potrebbe essere altrimenti?
Lo scoutismo non è un passatempo, è una scuola di vita. È rispetto per la natura, amore per la libertà, senso del dovere, coraggio, fratellanza. È la capacità di riconoscere il sacro nell’ordinario, l’epico nell’umile. E quel grido, urlato oggi da ragazzi che magari non sanno neanche il nome di chi lo inventò, è la dimostrazione che certi valori non si consumano ma, al contrario, sedimentano, germogliano, si tramandano.
È l’eredità invisibile ma potentissima lasciata da Baden Powell, il fondatore di un movimento che ha saputo attraversare guerre, mode, crisi, e che ancora oggi fornisce ai giovani una bussola etica con cui orientarsi nel mondo.
E se una squadriglia di Pantere, anno dopo anno, continua a innalzare la voce al cielo gridando “In alto le bandiere!”, vuol dire che qualcosa ha funzionato.
E forse, in quel grido, c’è anche un po’ di poesia. Perché ogni volta che lo si ripete, non è solo un grido di appartenenza. È un abbraccio al passato, un patto col presente, un ponte verso il futuro.
E allora, avanti Pantere! Gridate ancora. E ancora.
Che le bandiere siano sempre in alto, e il cuore pure.
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