POMERIGGIO LETTERARIO CON IL PROF. FERNANDO MAINENTI

A cura di Orazio Giovanni Vecchio

1“Obiettivo del libro è quello di lottare contro una damnatio memoriae che, complice la propaganda statale, ha condannato i siciliani a non conoscere la propria storia.”

Ai “Siciliani, che patirono, lottarono e morirono per la libertà”. Con questa dedica,  contenuta nella prima pagina del libro “Menzogne e misfatti dell’Unità d’Italia” (Editoriale Agorà; 2012; 15,00 euro; 223 pag.), scritto dal professore Fernando Mainenti, attento studioso di Storia della Sicilia, lo scorso 16 maggio si è dato il via ad un pomeriggio letterario,  promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Santa Venerina ed  intitolato “Un Tè con l’autore”.

Il Prof. Fernando Mainenti,  già ordinario di lettere nei licei e dirigente scolastico in quiescenza, ha pubblicato decine di saggi su varie testate giornalistiche sulla Storia della Sicilia, con particolare riferimento al periodo della Unificazione d’Italia.

La presentazione del libro, avvenuta presso la biblioteca comunale “Sergente Longo”,  alla presenza del Sindaco Dott.Enrico Pappalardo, ha visto la partecipazione di un folto pubblico.

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Dopo i saluti di rito, da parte del Sindaco, l’Assessore alla Cultura ha introdotto i lavori con una breve biografia dell’autore e poi ha lasciato la parola al Prof. Mainenti, che ha brillantemente esposto i contenuti del saggio. Obiettivo del libro è quello di lottare contro una damnatio memoriae che, complice la propaganda statale, ha condannato i siciliani a non conoscere la propria storia.

Il Prof. Mainenti sostiene nel suo volume la tesi, accreditata e condivisa da molti autori, di una unità geografica del Paese, mentre quella politica, sociale ed economica, dopo centocinquanta anni, è ancora da venire.  Il saggio ripercorre gli antefatti reali, gli avvenimenti e gli eccidi di tanti siciliani innocenti durante il periodo immediatamente antecedente l’Unità d’Italia. La scrupolosa ricerca del prof. Ferdinando Mainenti dà conto, difatti,  del numero impressionante di massacri avvenuti e cerca di ristabilire la verità storica colpevolmente coperta dai “vincitori”. Tanti ufficiali borbonici tradirono Francesco II, tuttavia, alcuni di essi rimasero fedeli al loro Re, tra questi, il Generale Ferdinando Beneventano del Bosco, che incarnò lo spirito di indipendenza e lealtà che animò il popolo meridionale nella resistenza all’invasione piemontese del Regno delle Due Sicilie. Il saggio del professore Mainenti, attraverso una approfondita e minuziosa ricerca storica delle fonti, restituisce al lettore la verità sulla causa del divario  economico e sociale tra il Nord ed il Sud dell’Italia.  Difatti, prima del Risorgimento, non esisteva alcuna “Questione meridionale”e il Regno delle Due Sicilie sotto il regno dei Borbone era stato addirittura premiato appena pochi anni prima dello sbarco a Marsala di Garibaldi, nel 1856 per l’esattezza, a Parigi, nell’Esposizione Internazionale, come terza economia del mondo nello sviluppo industriale e prima d’Italia!

Nel suo saggio, il professore Mainenti ripercorre le tappe di quella che fu una vera e propria guerra d’invasione, che vide come “complice” dei garibaldini, l’Inghilterra, la quale aveva numerosi interessi commerciali in Sicilia (per il vino e per lo zolfo, la Sicilia produceva circa l’ottanta per cento dello zolfo europeo). Così venerdì, 11 maggio del 1860, l’eroe dei Due Mondi sbarcò a Marsala protetto dalle navi inglesi che impedirono con la forza alle fregate borboniche di intervenire per contrastare l’aggressione. Posto piede sul territorio di Sicilia, Garibaldi lanciò il famoso proclama, invitando i Siciliani a impugnare le armi! Ma i Marsalesi restarono indifferenti, si chiusero in casa, le vie e le piazze rimasero deserte, solo qualche curioso mostrò il viso frastornato fuori dalla porta. Deluso dall’indifferenza della popolazione, Garibaldi inviò Giuseppe La Masa a contattare la gente di “rispetto”.Da qual momento il Sud conobbe gli orrori di una repressione militare e poliziesca tragica. I suoi abitanti furono massacrati dai liberatori piemontesi, coadiuvati da truppe inglesi e “picciotti”; una percentuale enorme di cittadini fu costretta all’emigrazione in terre straniere; le industrie fiorenti creati dai Borbone furono smantellate e tramite un perverso sistema bancario tutte le risorse finanziarie del Sud furono confiscate dal Nord e servirono, in buona parte, al raddoppio della ferrovia del triangolo industriale Torino – Genova – Milano. In realtà l’Unità d’Italia fu, dunque, secondo il prof. Mainenti, un’annessione forzata.