RIFLETTENDO SUL VANGELO DELLA SETTIMANA

Itinerari dello Spirito – Nuove Edizioni Bohémien – Febbraio 2014

A cura di Carmela Nicolosi

Mt 5,17-37

Perché se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, voi non entrerete nel regno dei cieli”.

Un’altra Parola che inchioda.

downloadUn altro scossone che ci scuote dalle fondamenta: Gesù mette in discussione ogni falsità del cuore umano, in particolare la certezza di sapere cosa sia giusto e cosa non lo sia ed, estremizzando con alcuni esempi (l’adulterio, la calunnia, etc.), va alla sorgente di ogni disobbedienza e alla sorgente di ogni morte: la mancanza d’amore. Non amare (se stessi e gli altri) e non farsi amare da Dio è togliere la vita, è un lento morire. Se io non amo e giudico, uccido. Se io non amo e desidero un altro per ridurlo a oggetto, commetto adulterio nel senso più proprio del termine: altero, falsifico, manipolo quella persona, togliendole l’immagine d’amore che Dio ha posto in ognuno di noi (cfr. P. Curtaz).

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Se riconosco Gesù come mio Signore e mio Salvatore (non di chiunque, ma mio personalmente), non posso non sentirmi chiamata in causa di fronte a queste parole: perché il problema non è soltanto quanto io obbedisca ai comandamenti, ma quanto permetta al Signore di trovare spazio nel mio cuore per consentirgli di ricreare quella giustizia priva di falsità e ipocrisia: se io amo e se io credo, sento l’impellente necessità di rendere viva e credibile la mia fede, di permettere a Dio di far cadere le mille maschere che non mi permettono di essere una persona libera e in grado di amare.

E allora riconosco di essere io il fariseo che giudica e non ama, che si fa contabile delle proprie buone azioni e delle colpe altrui e, riconoscendolo, permetto a Dio di guarirmi e liberarmi, di conoscere la Sua misericordia che consola e la Sua tenerezza che colma ogni vuoto d’amore, fonte di ogni “morte”.