“Sud del Sud”, il libro del giornalista Scifo. L’intervista all’autore

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RECENSIONI

L’INTERVISTA DI MARIA CRISTINA TORRISI

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“Sud del Sud” è il libro del collega, giornalista d’inchiesta, Alan David Scifo che ho avuto l’onore di conoscere durante una lezione di giornalismo da noi tenuta nell’Istituto Paolo Vasta di Acireale. Conoscerlo di persona, mi è servito per leggere sul suo volto desiderio di verità e di lotta per la giustizia. Mi è bastato guardarlo in quegli occhi specchiati per comprendere la motivazione che lo ha portato a mettere nero su bianco la propria esperienza di vita. Poiché la professione è scaturita da una scelta coerente che riguarda la sua terra, la nostra terra: la Sicilia. Terminato di leggere il libro, che definirei “libro denuncia”, in cui emerge lo spaccato di una terra “dove il tempo scorre lento ma i sogni corrono in fretta e poche volte si realizzano” ( le parole di Alan scritte nella prefazione al testo), ho realizzato con lui un’intervista.

1 Alan, chiariamo ai nostri lettori dove si trova “il Sud del Sud” e cosa hai voluto comunicare con questo titolo?

Il Sud del Sud è la provincia di Agrigento, il titolo riguarda l’accezione negativa di cui la parola “Sud” è ormai intrisa, e se quel Sud viene visto, noi della provincia di Agrigento siamo ancora più a Sud. E poi proprio geograficamente, l’isola di Lampedusa è il punto più a Sud della provincia e dell’Italia.

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2 Il viaggio del giovane giornalista nella provincia di Agrigento riguarda la tua esperienza. Parliamone.

Come si sente un giovane giornalista nel Sud del Sud? Sono partito da questa domanda e ho raccontato di come sia difficile per un ragazzo affermarsi e farsi valere nel nostro territorio, in questo ambito. Ho raccontato dei sacrifici legati alla poca remunerazione, alle notti insonni per le sorti di una vicenda, al fatto che, comunque, la chiave di questo lavoro è farlo come si faceva una volta: sporcandosi le scarpe

3 Parlami dei temi trattati: emigrazione, incompiute, mafia e malaffare. Quanto questi problemi sono una piaga per la Sicilia?

Sì, purtroppo. Sono tutti paletti che non permettono di far sì che questa terra cresca e prosperi come invece merita. La mafia, ad esempio, rende alcune città ormai totalmente sopite e costrette in una realtà che alcuni giovani, piuttosto che affrontare, decidono di lasciarsi alle spalle, partendo e andando via. L’emigrazione per partito preso è uno dei mali che più ci affligge: dobbiamo andare contro questa mentalità che dobbiamo “partire” per forza per avere un futuro.

4 “Una terra che può vivere di solo turismo”. La solita frase che è divenuta uno slogan e che invece ci fa ripiombare nella triste realtà del non cambiamento.

Lo capiremo quando sarà troppo tardi che ogni nostro paese merita una visita e finché non lo capiamo, come invece è accaduto in altri posti, come la Puglia, ci struggeremo per capire quale strada prendere e magari voleremo via.

5 Quanto è difficile poter coltivare la speranza, soprattutto per i giovani?

I giovani devono comprendere che è più difficile restare che andare via, e che restare non significa essere degli sconfitti.

6 Raccontaci del tuo libro e del tuo lavoro all’interno di un territorio dove credo sia complicato muoversi.

Un giorno ho deciso di raccontare la Sicilia attraverso gli articoli che ho scritto e ho deciso di farlo con delle storie della mia terra, raccontando anche come sia difficile per un giornalista vivere e lavorare qui. Complicato muoversi in senso fisico, sia per le strade, ma anche in senso lato perché barcamenarsi in un mondo in cui è meglio “farsi i fatti tuoi” non è di certo il massimo per un giornalista.

7 A pag. 69 scrivi: … C’è ancora la mafia. Silenziosa, ma c’è. È negli occhi chiusi di chi fa finta di non vedere, nelle mani alla bocca di chi non vuole parlare… Ecco, ti chiedo: quanta omertà ancora dopo giudici ammazzati e verità svelate?

Diciamo che la mafia è rimasta come mentalità, difficile da scacciare dalle menti di molte persone che avallano l’omertà, per cui è meglio far finta di non vedere piuttosto che denunciare.

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8 La mafia ai tempi di Sciascia e la mafia di oggi. È cambiato qualcosa?

È cambiato tanto, oggi non ci sono i morti ammazzati per strada ma rimane sempre quella Sicilia con i suoi vizi raccontata da Sciascia, del posto comprato, della politica mafiosa e della disonestà.

9 Nel tuo libro, ci dai l’immagine vivida di una terra sbiadita e calpestata ed il fenomeno, sempre più gravoso, della fuga dei giovani. Forse non si vuole più credere alla speranza della quale abbiamo parlato prima?

È difficile crederci, anche per me ogni giorno non è facile svegliarmi e lottare contro ciò che non va, però è anche vero che noi siciliani siamo soliti delegare ad altri quello che dovremmo fare noi e quindi perché devo essere io quello che deve rimanere per salvare la propria terra? Meglio andare via.