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Transformers – L’ultimo cavaliere – Recensione

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A cura di Federica Rizzo
A distanza di dieci anni dal primo Transformers, Micheal Bay firma il quinto capitolo dedicato alla serie animata della Hasbro. Dopo aver messo in scena l’estinzione dei dinosauri in Transformers 4, il regista continua a tornare indietro nel tempo e tira in ballo perfino Re Artù, Mago Merlino e i cavalieri della Tavola Rotonda in Transformers – L’ultimo cavaliere.
L’inizio di Transformers 5 è forse il migliore della saga: Bay ci porta all’interno di un’epica battaglia tra i cavalieri di Artù aiutati tramite Merlino dai Transformers e le orde di sassoni, per poi riportarci ad un presente apocalittico dove gli Autobot vengono perseguitati. Questa disincronia narrativa viene sopperita da una serie di sequenze spettacolari, aiutate anche dal formato IMAX 3D, che permette di lasciare per un attimo da parte l’incongruenza della storia.
Dopo i primi venti minuti, però, il regista mescola tutti gli elementi che lo hanno da sempre caratterizzato: esplosioni in ogni dove, eccesso di rallenty, esagerata retorica militarista, il tutto inserito in una sceneggiatura, a tratti confusionaria, che mette insieme cavalieri della tavola rotonda, prima guerra mondiale, i nazisti e misteri alla Codice da Vinci. Il senso de L’Ultimo Cavaliere risiede negli ultimi 60 minuti: il film rimette al centro dell’attenzione gli umani. Gli Autobot, d’altronde, rappresentano una razza aliena, e i governi mondiali ancora non li vedono di buon occhio, in particolare adesso che regna l’anarchia tra le due fazioni (Autobot e Decepticon) e Megatron è sparito dai radar. Gli umani, quindi, rappresentano la necessaria interconnessione tra chi chiede asilo a un pianeta e chi cerca di difenderlo (tema attualissimo nella nostra società).
Ottimo inoltre il cast: non solo Wahlberg e l’intramontabile Sir Anthony Hopkins, ma anche la scelta di un’attrice come Laura Haddock che sostituisce le top model che avevano partecipato ai precedenti episodi; senza contare, inoltre, le numerose celebri comparsate che solo un’opera di questa importanza poteva permettersi, ovvero John Turturro e persino Stanley Tucci nei panni di uno spassosissimo Mago Merlino.