APPUNTAMENTO AL CINEMA: Song to Song

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Recensioni ed Eventi
A cura di Federica Rizzo

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Spinto da una colonna sonora dinamica e variegata, e uno stile fedele alla sua tradizione, Terrence Malick porta in scena con Song to Song il suo film più carnale e intimo dopo The Tree of Life, abbandonando per poco più di due ore la sfera divina per concentrarsi sugli uomini. Con una storia d’amore frammentata ed ellittica, il regista texano prosegue il discorso sull’incomunicabilità, la crisi esistenziale dell’uomo contemporaneo e l’imperscrutabilità dei sentimenti in un progetto che si pone in evidente continuità con il precedente Knight of Cups.
La vacuità del successo ed il rischio della dissolutezza vengono perseguiti attraverso i tradizionali strumenti della messa in scena del regista: le voice-over, le inquadrature fluide che tallonano i personaggi, la riflessione filosofica e spirituale, la sensazione di morte e rinascita in ogni singola inquadratura, l’assenza pressochè totale di raccordi, il cui senso è affidato all’allegoria. Song to Song è un ulteriore tassello all’interno di quel gigantesco mosaico dedicato al mondo dell’Amore, dei sentimenti, alla vita in tutta la sua universalità, priva di leggi prestabilite e di gravità. Cercando, però di rendere poetico l’inesprimibile e cadendo nella trappola dell’enfasi, della ridondanza fine a se stessa, l’opera risulta come un flusso ininterrotto e vorticoso di immagini che sembra essere senza inizio e senza fine
Malick taglia dalla trama qualsiasi elemento lineare, riduce al minimo l’aspetto narrativo, per proporre una rappresentazione visiva del flusso di coscienza. Tutto viene mostrato, nulla viene detto. La fotografia di Emmanuel Lubezki, si sofferma sui piccoli dettagli della messa in scena per trasmettere una sensazione di autenticità. Un’opera, dunque, che rifugge le spiegazioni e lascia allo spettatore il compito di venire interrogato dalle suggestioni mostrate sullo schermo.