Schizzi di umanità nell’opera “Covid 19, cartoline dal fronte”

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Recensioni ed Eventi

A cura di Salvatore Zappardino

“Covid-19 – Cartoline dal fronte”, della casa editrice QuiEdit, è il libro scritto dal Colonello medico Federico Lunardi, alpino paracadutista della Taurinense… e scout del Cngei. Il voluto riferimento è alle cartoline delle guerre dei nostri padri «quelle ingiallite cariche di parole scritte fitte fitte che coprivano tutto lo spazio, compresa l’area attorno al francobollo».

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Il diario della «guerra» al «nemico invisibile», uno dei primi dato alle stampe dai militari, sono «schizzi di umanità, parole nate dal dialogo con pazienti, colleghi, famigliari. Parole scritte nelle corsie ospedaliere, in un’Italia che mai nella propria storia ha vissuto limitazioni di libertà così spinte».

Lunardi non cerca la ribalta, ma come ufficiale medico è un prezioso testimone della pandemia. Prima responsabile dell’unità Covid del Centro Militare Ospedaliero di Milano, poi nell’inferno di Lodi. E dal 14 aprile «on scene commander» per la Lombardia e il Piemonte orientale di 140 uomini lanciati nei focolai peggiori compreso Alzano e la Val Seriana. Il colonnello degli alpini paracadustisti non si è mai tirato indietro. In Afghanistan si era lanciato sotto il fuoco talebano per salvare i feriti di un’imboscata costata la vita a quattro alpini. Lo stesso slancio da prima linea durante la pandemia. «A febbraio e marzo era impressionante il martello che si abbatteva sui Pronto Soccorso verso le 17.30 – si legge nelle Cartoline – Giungeva il primo paziente e poi una sequela fino a notte con autoambulanze che rimanevano in fila, con il proprio malato a bordo, per attendere il momento dedicato alla consegna del carico umano, sofferente e affamato d’aria». Lunardi abituato ai fronti più ostici delle nostre missioni all’estero scrive che «quando la prima linea cade le retrovie vengono invase: di fronte alla medicina territoriale annullata dal virus e dalla burocrazia () gli ospedali s’ingolfavano fino a giungere al collasso». E arriva il momento, terribile, di adottare «a denti stretti, un triage stile militare () valutare chi è più urgente, ma anche chi potrà sopravvivere e chi no e, in base alle scelte, agire di conseguenza». Civili e militari sono tutti nella stessa trincea degli «ospedali e nelle case visitate dal Covid (dove) la morte era cadenzata da un respiro sempre più rumoroso e difficile che si spegneva, per sempre, quando i muscoli non riuscivano più a reggere lo sforzo di rubare un minimo d’aria al cielo. Era quello il momento nel quale il medico, l’infermiere l’assistente socio sanitario, il malcapitato che si trovava di fronte al letto sussurrava qualche parola tra le labbra per affidare quell’anima a Dio o al Nulla». La quotidiana guerra contro il virus è cadenzata dalle vestizioni per evitare il contagio: «Lavare le mani, vestire i calzari (un paio basta ma due è meglio), indossare primo paio di guanti, vestire camice, indossare la maschera, vestire camice monouso e mascherina chirurgica, occhiali o copri occhi (). Ora si è pronti per entrare in trincea».