VIOLENZA SUI PICCOLI? LA SCONFITTA DEL GENERE UMANO

La posta del cuore. La parola dell’opinionista.
Nuove Edizioni Bohèmien – Febbraio 2014
A cura di Maria Pia Basso
downloadUna bambina di sei anni picchiata dal compagno della madre, solo perché non gli aveva “pulito bene le scarpe”! E’ una notizia di cronaca apparsa ieri. La piccola, ricoverata al Gemelli di Roma,  versa in condizioni critiche per aver riportato anche traumi di vario genere. Sorvoliamo sull’impatto emozionale per evitare di cadere in una retorica spicciola che in questo, come in altri casi, non condurrebbe a nulla che non sia già stato detto e ridetto. Concentriamoci sulla seconda parte della notizia, secondo la quale la madre ha giustificato il comportamento del suo partner, asserendo che era un modo di educare la bambina. Ci rendiamo subito conto di quanto sia pericoloso veicolare messaggi del genere e di quanto un atteggiamento tanto superficiale possa davvero compromettere per sempre un’identità in via di formazione quale quella di una bimba tanto piccola. La violenza genera odio e non è un mezzo educativo.
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La coercizione produce solo frutti marci. Gli eccessi di ira dovrebbero essere contenuti negli ambiti inerenti al soggetto che li nutre; perché è molto facile scaricare sugli altri le nostre frustrazioni, scrollandoci di dosso responsabilità necessariamente riconducibili al nostro essere, fragile e codardo. I toni non possono che essere aspri, perché ripugna alla coscienza apprendere queste realtà. In ogni caso, non spetta al compagno della madre o alla compagna del padre occuparsi dell’educazione di figli che non sono propri. Questa commistione di ruoli ingenera confusioni oceaniche e apre il varco ad ingerenze inammissibili. In questo caso, poi, neanche la madre è in grado di prendersi cura della propria bambina altrimenti non avallerebbe l’atteggiamento aberrante del proprio partner.
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Fiumi di interrogativi scaturiscono da questa vicenda che ha i toni cupi della tristezza e della sconfitta del genere umano, sempre meno propenso a far valere la propria “ratio”, ponendola, innanzitutto, al servizio di se stesso per sperare di gettare le fondamenta di una costruzione mentale solida, e pronta a reagire agli attacchi, sferrati dalle intemperie della vita.
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